Don Bergamaschi: L’Omelia nella V Domenica di Quaresima

29 Marzo 2020

Cari fratelli e sorelle, uomini e donne di Castel Goffredo, giovani e ragazzi in particolare: molti, oserei dire tutti, ci stiamo interrogando su ciò che sta avvenendo in questa emergenza del corona virus, ci stiamo chiedendo che senso ha il silenzio mortale che ci avvolge, il distanziamento sociale che ci impedisce di esprimere anche i sentimenti più naturali e quotidiani di affetto tra di noi e soprattutto per i nostri cari che continuamente portiamo al cimitero, anche in questa settimana, specialmente alcuni giovani fratelli. Perché? Cosa ci vuol dire questa terribile situazione?

Anche noi credenti, spesso, camminiamo a tentoni e condividiamo con tutti i fratelli e le sorelle in umanità lo smarrimento che ci assale. Ma qui, ora, adesso, nonostante tutto, noi credenti in Cristo, abbiamo la fortuna e la grazia di avere una bussola che ci possa orientare; questa bussola è la Parola di Dio nella Santa Scrittura. Leggiamo allora la nostra vita di oggi con la Parola che viene dall’alto, (è Parola di Dio!), e che sola può dare orientamento e senso profondo al nostro vissuto.

  1. Le nostre domande sono come quelle che si faceva il popolo d’ Israele in Ezechiele 37, nella grande visione delle ossa inaridite che ascolteremo la notte di Pasqua. Al v. 11, appena prima del brano che abbiamo ascoltato poco fa, si riporta il pensiero del popolo smarrito in esilio a Babilonia:” Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti”. Quante volte abbiamo pensato o detto anche noi così! Come gli ebrei a Babilonia, in esilio, lontani dalla propria terra, schiavi, privi di ogni punto di riferimento (non avevano più il re, la terra, il tempio con la sua liturgia!), anche noi ci troviamo privati perfino di poter celebrare insieme la S. Messa, privati di tutto quello che era il nostro abituale modo di vivere e ci prende nell’animo spesso, come gli ebrei, una prospettiva di pessimismo e di rassegnazione. Il profeta Ezechiele, e anche noi sacerdoti come nuovi profeti del nuovo popolo di Dio, in mezzo a tale desolazione alza la sua voce per far capire che Dio interverrà oltre le attese e le speranze umane:” Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra … “. E’ molto di più di una semplice liberazione politica e di ritorno nella terra di Palestina; è una liberazione totale, è molto di più, è una liberazione profonda, spirituale, nello Spirito Santo che ci fa entrare nella terra promessa che Gesù rivelerà essere il Paradiso al ladrone pentito! Certo noi credenti abbiamo la tentazione di pensare che la logica con cui Dio agisce e conduce la storia non è ragionevole, non è secondo noi; vorremmo che l’efficacia della Parola del Signore si manifestasse subito secondo i nostri modi e i nostri tempi umanamente ragionevoli. Ma Dio non agisce così. Aspetta la nostra libertà. E noi allora leggiamo le difficoltà che ci affliggono, nel caso questa del corona virus, come tentazione, dubbio o timore che Dio ci abbia abbandonati. Ma è Dio che ci ha abbandonati o siamo noi che lo abbiamo abbandonato, gli abbiamo girato le spalle dicendogli che potevamo fare a meno di Lui, perché tanto, con la nostra scienza e la nostra tecnica, eravamo capaci di risolvere ogni problema? Non avevamo più bisogno di salvezza!

No, carissimi, siamo qui adesso a riconoscere che siamo fragili, piccoli, più piccoli di un virus invisibile, e siamo ritornati con i piedi per terra a dire che siamo mortali. Siamo messi di fronte alla dura realtà della morte, noi che avevamo dimenticato di essere mortali, perché ci eravamo illusi che non ci fosse più, data l’abbondanza dei mezzi a nostra disposizione. E abbiamo bisogno di inchinarci al modo di fare di Dio, alla sua logica, che è diversa dalla nostra. E’ una logica di misericordia!

  1. Ma per cogliere la logica di Dio è necessario vivere secondo lo Spirito che dà vita, come dice San Paolo nella seconda lettura. Non quindi vivere secondo la carne, cioè la logica del mondo, che vuol dire secondo l’egoismo, il pensare sempre a sé, l’inseguire sempre e comunque quello che mi piace, qui ed ora, senza pensare agli altri, vicini e lontani, e senza pensare al dopo, al futuro, mio e degli altri, anche delle nuove e future generazioni. Solo chi si lascia guidare dallo Spirito di Dio che abita in noi, che è lo Spirito di Cristo Risorto, uno Spirito di Amore Totale fino alla morte per l’umanità e proprio per questo Risuscitato dal Padre per dire a tutti che questo modo di vivere è Vincente, solo chi si lascia guidare da questo Spirito riceverà una vita nuova, piena e totale, una vita che verrà data anche ai nostri corpi mortali, una risurrezione totale, anche della dimensione della carne, così fragile e volatile! (Polvere sei e in polvere ritornerai!). Lui sì, il Cristo Risorto con il suo potente e umile Spirito, ci libera dalla nostra fragilità.
  1. Ed eccoci allora all’affascinante pagina del Vangelo di Giovanni; l’evangelista stesso ci offre la chiave di lettura del “ritorno alla vita” di Lazzaro (perché non si può parlare di una vera risurrezione in quanto Lazzaro morirà ancora; è solo un segno, l’ultimo dei sette segni della prima parte del vangelo di Giovanni, tesi ad esprimere che è nella persona di Gesù la salvezza!); quindi un ritorno alla vita di Lazzaro, già da quattro giorni nel sepolcro, quasi a dire che non c’era più per l’uomo possibilità di scampo dal fallimento totale della morte. L’uomo è impotente. L’evangelista ci dice che il ritorno ala vita di Lazzaro è “per la gloria di Dio” e “perché il Figlio di Dio venga glorificato” (v. 4); e ai discepoli che non capiscono e pensano che Lazzaro dorma e non sia morto, Gesù afferma: ”Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là affinché voi crediate” (v. 15). E ancora a Marta che gli dice che Lazzaro già manda cattivo odore, perché è lì da quattro giorni, Gesù ribatte: ”Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?”(v.40). E quando prega il Padre, Gesù proclama: ”Padre … io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato” (v.42). E alla fine del brano l’evangelista chiosa così: ”Molti dei Giudei che eran venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui” (v.45).

Il termine “Gloria” indica, nella Bibbia, tutto quello che Dio è capace di fare per l’uomo, è la sua ricchezza e potenza di vita, è la sua pienezza che straripa e si diffonde attraverso la creazione e in ultima istanza in Gesù. Dio si manifesta in Lui, l’Uomo Vivente. E’ tutto il “peso di Dio” manifestato nella vicenda di Gesù, è la manifestazione del suo braccio potente in Gesù. Ed è un Gesù uomo fino in fondo: ha degli amici, come noi; viene a conoscenza, per opera di altri, della malattia di Lazzaro, come succede a noi, specialmente in questa emergenza corona virus, quando veniamo a sapere della malattia di amici, fratelli, sorelle, parenti; è addolorato; piange, come noi! La morte dell’amico gli procura sgomento come e più di noi! Ma nell’uomo Gesù si svela il volto profondo di Dio Padre. E’ tutto Dio lì. Ma per comprendere questa “rivelazione” è richiesta al discepolo la fede: ”Credi questo?”, chiede Gesù a Marta! E ancora dopo, davanti al sepolcro del fratello: ”Se credi vedrai la gloria di Dio”. Di fronte alla tomba di Lazzaro si innalza la persona di Gesù nella quale il credente sa incontrare la vita “dentro” la morte, non a parte della morte o fuori dall’esperienza della morte, ma dentro essa: “Chi crede in me, anche se muore, vivrà” (cioè continuerà a vivere, v.25). In Gesù, nella sua persona, la risurrezione è già presente e operante: ”Io sono la risurrezione e la vita” (v.25). Io sono già adesso la risurrezione, e anche in eterno: ” non morirà in eterno. Credi questo?” (v.26). Questa, carissimi, è la sfida! Questo è il crinale su cui ci giochiamo il nostro futuro, la nostra salvezza, ora e in eterno: la Fede!

Per il credente la giusta domanda allora non è innanzi tutto quella di poter uscire dalla tomba adesso (come ci verrebbe voglia di gridare oggi per tutti i fratelli e le sorelle che abbiamo accompagnato al camposanto: “Venite fuori!”), ma la giusta domanda è quella di passare dalla morte alla vita credendo alla persona di Gesù! Ecco il punto: la Fede! E la fede in Gesù, questo Gesù di Nazaret, così umano e così divino!

Nel grandissimo gesto di preghiera che papa Francesco ha fatto venerdì sera in piazza San Pietro, deserta, questo ha voluto dirci baciando il Crocifisso Miracoloso (che anche noi custodiamo da vari secoli!), e benedicendoci con l’Eucarestia: è Gesù la vita, è Lui che ci salva, ritornate a Lui!. Non importa se finiremo nella tomba o nella fossa, ma “chi crede è già passato dalla morte alla vita”, come dice Gesù nel dialogo dopo la guarigione del figlio del funzionario del re in Giovanni 5,24, che abbiamo meditato questa settimana. “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” (Gv.5,24). E a Nicodemo che era andato a trovare Gesù di notte, Lui ribadisce: “Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita (Gv.3,35). E a Marta: ”Chi crede in me, anche se muore, vivrà”(v.25). Concretamente poi, vivere credendo e credere vivendo, vuol dire: Amare! In 1 Gv. 3,14: “Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte”. Subito la vita nuova che sentiamo gorgogliare dentro, credendo, si manifesta nell’Amore! Perché Gesù è questo: Amore Totale donato fino alla fine, fino alla morte e alla morte di croce per la Risurrezione! Infatti nel vangelo, una volta richiamato in vita Lazzaro, Gesù si rivolge ai presenti e dice: ”Liberatelo e lasciatelo andare!”. Dio in Cristo ha richiamato in vita Lazzaro, ma questa potenza divina rimane come imprigionata nelle bende senza la collaborazione dell’uomo: liberatelo e lasciatelo andare. Quasi a dire: adesso cari miei discepoli è compito vostro liberare l’uomo da tutto ciò che lo tiene legato alla morte e al peccato, alla logica del mondo, e lasciarlo andare per le strade della vita nuova a costruire il Regno di Dio. Tu, credente, discepolo, condividi il dolore e la disperazione degli uomini, nell’Amore, facendo comprendere ad essi che, dopo Gesù, il dolore e la morte non sono più le ultime parole. Questa è la nostra missione di credenti a servizio dell’umanità. Ed è così vero che lo canteremo a Pasqua, nonostante il corona virus, e questo clima surreale di silenzio tombale potrà essere squarciato solo dal canto dell’Alleluja Pasquale! Questa è la nostra fede, questa è la nostra speranza, questa è la nostra missione a servizio dell’umanità