E’ la domanda che ricorre frequentemente soprattutto tutte le volte che si presenta a noi un momento o una esperienza difficile. Oggi ce ne dà l’occasione la parabola di Giobbe. Come il personaggio biblico anche noi sia spesso immersi in problemi che ci attanagliano e dei quali non siamo capaci di districarci. Abbiamo l’impressione che ci soffochino. Allora tiriamo fuori tutte le nostre possibilità, compresa la fede religiosa o quello che rimane di essa. Sono i problemi esistenziali, quelli legati alla vita che normalmente facciamo tacere perché, diciamo, non abbiamo tempo da perdere e quindi rimangono lì assopiti come delle brace sotto la cenere. Ma vengono i momenti cruciali nei quali cerchiamo affannosamente quelle risposte che non ci siamo mai occupati di cercare; ne abbiamo una esigenza estrema, ci mandano in crisi. Allora, quale ultima istanza della nostra ricerca ci viene spontaneo esclamare (anche con rabbia) “ma Dio dov’è?” Non dovrebbe essere qui ad ascoltarmi? Non dovrebbe darmi le risposte alle quali io ho diritto, in qualità di sua creatura? Dov’è la giustizia di cui si parla tanto? Perché proprio a me che non merito di essere trattato in questo modo devono accadere queste cose? Giobbe in questa ricerca affannosa e disperata arriva al punto estremo: arriva a maledire il giorno in cui è nato e, se la vita è soltanto un cumulo di sofferenze, allora è meglio la morte. E’ davanti al baratro del suicidio o quello della ribellione totale a Dio. Invece tace e aspetta la risposta. Dio non gli dà nessuna risposta di quelle che lui cerca, ma gli dà la sicurezza della sua presenza: Lui c’è! Non è nascosto, non è lontano. Questa è la scoperta straordinaria e determinante. Da questo punto riparte la vicenda di Giobbe che ritorna ad essere fedele a Dio.
Qui c’è la risposta alle nostre domande più drammatiche. Lui c’è! Lui è la risposta che noi cerchiamo. Le altre sarebbero solo suoni di parole vuote. Perché? E’ il solito dilemma tra la nostra razionalità e la nostra persona nella sua vita concreta. La persona che cerca una risposta non vuole arricchire la sua cultura, la sua capacità di conoscenza, ma vuole sapere chi è lei, quale è la sua identità, che senso ha la sua storia. E tutto per avere una consapevolezza maggiore. Tutto questo lo possiamo avere solo in una persona di cui constatiamo la presenza, non da una idea in più. Dio è la persona presente, che è risposta a noi. La sua presenza ci anima, ci sollecita, ci contesta, ci accoglie, ci dona se stesso. Ci fa superare quel senso di solitudine esasperante che fa piombar nella solitudine umiliante e mortificante. Il Giobbe che c’è in ognuno di noi non cerca una risposta di parole, ma la persona che gli assicuri che non è solo nel soffrire, nel gioire, nell’amare, nel vivere. Cristo è risposta agli interrogativi dell’uomo anzitutto perché è solidale con l’uomo: viene a condividere con noi la nostra condizione e particolarmente la nostra condizione peggiore, per ridarci la consapevolezza di essere sempre capaci della nostra identità. E’ Lui che si affianca a noi come ai discepoli di Emmaus e ci conduce fino all’Eucarestia, l’esperienza che tutti accoglie e raccoglie per restituire ad ognuno la sua vita. ci precede e ci chiama: “Venite e vedrete”. Ci precede fino al luogo della sua abitazione, perché lì lo riconosciamo e allora la sua presenza diventa completamento dei nostri vuoti, risposta a ciò che vorremmo sapere, perché in Lui lo vediamo realizzato; con Lui possiamo partecipare al suo Regno. Qui c’è una scoperta ed una revisione dei nostri atteggiamenti abituali: la scoperta della presenza.
Nel nostro tempo la presenza non conta molto, al massimo è supposta, ma la comunicazione avviene sempre oltre la presenza stessa. A mio avviso è un grave errore perché eliminiamo il fondamento di ogni nostro dialogo. La presenza dell’altro è già parte integrante del dialogo, perché sempre quando uno è presente porta se stesso, con la sua storia. Ogni risposta è un cambiamento della persona perché porta dentro di noi una verità che prima non c’era. Non dobbiamo intendere “verità” come concetto astratto, ma come elemento che si aggiunge alla nostra vita. La persona che si rende presente è sicuramente la prima e più importante risposta ad ogni domanda. Dio, prima di dirci delle parole, ci fa presente la sua stessa persona e contemporaneamente nella sua Parola è Lui stesso che si dona. Cercarlo è umano, riconoscerlo è confortante e rassicurante.