“E’ bello star qui”: il commento al Vangelo della II Domenica di Quaresima

28 Febbraio 2021

L’espressione spontanea ed entusiasta di Pietro può stare benissimo sulla nostra bocca se la vita ci riserva una sorpresa così straordinaria: il mondo trasfigurato! Penso addirittura che sempre noi desideriamo un mondo “trasfigurato”, dove non ci siano le solite cose, i soliti problemi, le solite persone che a volte sono desiderabili, ma spesso sono insopportabili. Un mondo trasfigurato! Non il solito mondo. Abbiamo bisogno di cambiare perché il solito non ci basta. In realtà, che cosa vorremmo e come si può ottenerlo? In realtà, se analizziamo bene le nostre esigenze più profonde cercheremmo un mondo dove non ci sono i soliti problemi, dove con le persone è possibile dialogare, dove gli avvenimenti non incombono su di noi terrorizzandoci, dove la sicurezza del nostro vivere è garantita. Un mondo nel quale succede qualcosa (o tante cose) attorno a noi, ma noi stiamo fermi. In fondo era la richiesta di Pietro: il fare le tre tende era per garantire la sua stabilità! Cristo lo delude: Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere crocifisso e dopo tre giorni risorgerà.

Credo sia necessario per noi capire cosa significa “trasfigurazione”. Certamente è inadeguato pensare che voglia semplicemente riferirsi ad uno spettacolo, quasi come un gioco di prestigio. A Cristo la trasfigurazione è costata la croce, quindi deve essere qualcosa di molto serio ed impegnativo. La parola che usiamo ci porta a pensare di cambiare radicalmente la nostra “figura”, la nostra persona. Cioè la percezione di noi stessi, dei nostri rapporti e quindi della realtà che ci circonda. Se Cristo l’ha riferita alla croce significa che questa è la strada autentica per una vera trasfigurazione. Non è un concetto masochista, ma la proposta di verificare e quindi accogliere la via della croce per arrivare all’obbiettivo intravisto: un mondo nuovo.

La via della croce ha trasfigurato il mondo perché sulla croce Cristo ha portato tutto ciò che era umano, cioè legato alla natura umana (il nostro modo di pensare alla vita, i valori a cui diamo importanza, il nostro modo di rapportarci) per farlo morire e poi farlo risorgere rinnovato. Ci può sembrare strano o addirittura troppo esigente, paragonabile al sacrificio di Isacco, ma è necessaria la morte di ciò che è legato alla dimensione umana, perché la trasfigurazione non è un fatto che si sviluppa per continuità, non è frutto dell’azione umana, ma solo frutto dell’intervento di Dio e quindi rivela una evidente discontinuità.

Il morire significa che tutto quello che sono io, sia come singola persona, sia come parte di un tutto non dipende più da principi desunti dalla logica umana; vuol dire ancora riconoscere che tutto ciò non mi dà vita, ma accettare che la vita possa venire da Dio, fonte inesauribile. Vorrei spiegare brevemente questo concetto. Pensare che la vita viene da Dio significa che è vita ciò che io posso avere nel dialogo con Lui. Abitualmente noi pensiamo che la vita sia qualcosa da possedere (salute, autonomia, ricchezza di vario genere…) e in forza di questa ricchezza impostare i nostri rapporti con il mondo e tra di noi.  Il Cristo trasfigurato parla di Cielo, non di terra. Se tocca argomenti terreni (la passione, la sofferenza, la morte) lo fa per dare loro un nuovo significato e un nuovo valore. Ciò che emerge al di sopra di tutto è la volontà del Padre.

Non solo abbiamo desiderio di trasfigurare questo nostro mondo, ma abbiamo bisogno di “trasfigurarlo”. La persona umana non può vivere solo in questa dimensione umana anche se la adatta continuamente alle sue esigenze momentanee. Rimane sempre nel profondo l’esigenza di andare oltre. Non sarebbe sufficiente immaginare un mondo diverso. E’ necessario che sia diverso! La trasfigurazione totale sarà nella Pasqua. Cristo ha offerto agli apostoli questo momento perché non si scandalizzassero della sua passione della morte. Una certezza ci deve cogliere la riflessione sulla Trasfigurazione: non dobbiamo aspettare la Parusia per vedere la nostra trasfigurazione. La Pasqua celebrata da Cristo e partecipata da noi è già la certezza di questa nuova realtà e la forza per realizzarla.