Gli incontri in piazza a Castel: per ripartire insieme dai contatti umani più veri

3 Giugno 2021

Dopo tanto tempo rinchiusi in casa e distanziati possiamo cominciare di nuovo a vederci e parlarci, ripartendo dal luogo simbolo dell’incontro che era (è ancora?) la piazza. Venerdì 28 maggio abbiamo ascoltato che cosa rappresentava l’agorà al tempo dell’antica Atene con Luca Cremonesi; e poi da Francesca Viola è venuta la descrizione dell’architettura della nostra piazza nel rinascimento, insieme al ricordo di alcuni avvenimenti storici capitati su di essa.

Nella serata abbiamo voluto provare a far tacere i cellulari e le TV (magari anche Google) per riprendere il gusto di comunicare tra esseri umani che hanno un volto, quindi una storia, e una parola da ascoltare e dirsi. Per troppo tempo siamo stati dipendenti dall’ultimo bollettino TV sulla pandemia, come se la nostra vita fosse tutta e solo lì. Siamo di più! Ma forse eravamo dipendenti dai media anche prima della pandemia. Per troppo tempo abbiamo usato il cellulare come la fonte di ogni conoscenza, novità, invito, dimenticando che è solo uno strumento, per altro già preconfezionato da altri che non conosciamo nemmeno. Abbiamo dimenticato che la comunicazione tra umani passa attraverso altri codici, come lo sguardo, gli occhi, la smorfia e il movimento delle labbra e delle guance, le mani, i piedi, il corpo, la mente umani. Ci siamo riappropriarci di tutto questo … perciò essere in piazza, nella nostra piazza, è stato un gesto di libertà, grande libertà, perché questa è la nostra identità umana.

Il nostro convenire è stato paragonato un po’ a quello che facevano i nostri nonni col filos, quando d’inverno si trovavano nelle stalle, perché era l’unico luogo caldo e a costo zero, e lì si raccontavano le storie, gli avvenimenti della vita, del paese. In realtà non si faceva pettegolezzo, ma avveniva un’autentica trasmissione tra le generazioni delle conoscenze, delle informazioni e della sapienza del vivere quotidiano. D’estate si trovavano sull’aia e il maestro Cason ci ha ricordato tutto questo..

Non è qui il caso di avere nostalgie di tempi antichi ormai improponibili, ma recuperare la dimensione umana della comunicazione tra noi, senza usare per forza la macchina, almeno qualche volta, ben sapendo che anche noi abbiamo usato lo smartphone e lo portiamo quotidianamente in tasca. Ma in un tempo in cui si parla di trans – umanesimo, trovarci e dirci che siamo innanzi tutto umani e umani sociali non è poco.

Le associazioni Acli, El Castel, Proloco e la parrocchia di Sant’Erasmo sono solo realtà promotrici di questa iniziativa di nuova socialità, perché qualsiasi evento per realizzarsi ha bisogno di un minimo di organizzazione. Ma il desiderio è che altri gruppi, associazioni o singoli si uniscano e propongano altri temi, serate, ecc. Già questa sera è stata con noi l’associazione Gruppo San Luca onlus che ci ha spiegato la nostra piazza. E poi l’associazione Pastorius per ascoltare i giovani.

Infatti siamo stati stimolati dai giovani con la musica. Abbiamo ascoltato da loro come hanno vissuto questo anno e mezzo lontano dai concerti e dalla scuola di musica fatta insieme. Che cosa è, che cosa rappresenta per loro la musica. Tutti hanno rimarcato come sia necessario porre all’attenzione particolare della nostra comunità la realtà dei nostri giovani, perché, come nel filos antico, il passaggio delle conoscenze della vita avveniva insieme tra le generazioni, e non divise le une dalle altre.

La nostra città ha molte risorse (associazioni, gruppi, singoli …) e anche tanti problemi concreti con cui vorremmo vederci e parlarci. Di volta in volta ognuno potrà suggerire gli argomenti, i temi, i problemi che riguardano la nostra comunità per condividerli con tutti.

Lo spirito che ci raduna non è quello di sviscerare tutto o di sapere tutto su ogni cosa, ma renderci consapevoli e protagonisti attivi, e non passivi, della vita della nostra città, come nell’Atene antica.

Il nostro non è un raduno di partito o di una confessione religiosa specifica, anche se la parrocchia ne è promotrice. In realtà qui si misura l’autentico spirito cattolico che è appunto universale, cioè aperto a tutto l’uomo (anche alla sua socialità!) e a tutti gli uomini, in spirito di sincero servizio alla città dell’uomo per una vera fraternità. Anche così si può realizzare, dopo la pandemia, una nuova socialità, come suggerisce papa Francesco nella sua ultima enciclica “Fratelli Tutti” (n.198-199).

Per tutti l’invito al prossimo appuntamento l’11 giugno: guardarsi, parlarsi per una rinascita del nostro paese. La serata è stata piacevole, semplice, aperta a chiunque si avvicinava, serena, e con circa settanta persone convenute. Confidiamo che tutto il nostro paese si svegli ad una nuova socialità.

Don Giuseppe Bergamaschi, con le associazioni promotrici