L’esperienza al Sermig di Torino: quando la bontà è disarmante

1 Febbraio 2019

Se si dovesse varcare con l’immaginazione la soglia di un arsenale, non si può non pensare alle armi prodotte, al rumore, agli odori…

Tuttavia, non tutti gli arsenali sono così: a Torino, nel quartiere di Porta Palazzo, più di 50 anni fa, per volere di un giovane, Ernesto Olivero, ora quasi ottantenne ma ancora pieno di vita, l’arsenale militare della città è stato trasformato in “Arsenale della Pace” e appena dentro, è possibile vedere una delle tante frasi dell’arsenale: “La bontà è disarmante”. Da quel momento è nato il SERMIG, il Servizio Missionario Giovani.

Spiegare cosa sia non è facile, in quanto è una realtà immensa, con molti progetti ai quali ha dato vita. Tuttavia, possiamo ricordare che esso si occupa di integrazione, di dialogo interreligioso/culturale, di recupero di persone in difficoltà, di accoglienza, di amicizia e che anche in Brasile e in Giordania si trovano altri 2 luoghi uguali.

Proprio a Torino, dal 27 al 30 dicembre 2018, un gruppetto di noi educatori dell’unità pastorale Castelnuovo-Castel Goffredo-Casaloldo-Casalmoro-Casalpoglio, che ho avuto il piacere di accompagnare, ha partecipato alla vita dell’arsenale con altri 450 giovani provenienti da tutta Italia.

Le giornate erano programmate dai religiosi della Fraternità della Speranza (la comunità religiosa del Sermig) e scandite da momenti importanti: preghiera al mattino seguita da attività di riflessione; al pomeriggio, laboratori manuali come lo smistamento dei vestiti, la cura del luogo, il lavoro della terra; la celebrazione eucaristica prima di cena e, infine, un ultimo momento riflessivo.

Durante quei giorni, abbiamo vissuto istanti emozionanti che hanno arricchito le nostre menti e il nostro cuore: ricordiamo “WARLD”, attività sui problemi legati alla guerra e alla fame nel mondo; la celebrazione eucaristica del 29, con tutti i partecipanti; il dialogo con il fondatore, il quale ha risposto a molte domande fatte dai giovani (tra cui anche le nostre) e ci ha fatto riflettere molto su alcuni aspetti della vita.

L’episodio più significativo è stato sabato 29: nel pomeriggio, tutti noi presenti abbiamo partecipato alla Marcia della Pace del Sermig, svoltasi nel quartiere di Porta Palazzo. Con noi c’erano anche giovani, bambini, donne, uomini, cattolici, altri cristiani, musulmani, atei, amici dell’Arsenale, gente del quartiere. E così, tra i colori della pace, che sono anche quelli della gioia, dell’amore, dell’amicizia, del no alla guerra, tra canti, danze, tra i sorrisi dei bambini ancora fissi nei nostri cuori abbiamo composto un immenso fiume di persone, che ha camminato per alcune strade di Torino, ribadendo che la pace è realmente possibile, vivendo un’emozione irripetibile.

Durante il ritorno, ci siamo posti la domanda: l’iniziativa del Sermig si deve forse fermare a Torino o è possibile portarla nelle nostre parrocchie, nel nostro quartiere, nel nostro cuore? Ci ha fornito spunti di riflessione: dobbiamo sempre credere nei sogni e basta anche solo una piccola manciata di giovani per realizzare il cambiamento.

Infine, come ci ha ricordato Ernesto, “i sogni, anche quelli grandi partono sempre dai piccoli passi. Eravamo un gruppetto di giovani che voleva abbattere la fame nel mondo, ma non avevamo una lira, un luogo in cui ritrovarci, non avevamo nulla; continuamente le porte ci venivano sbattute in faccia… Noi, però, non abbiamo mai protestato. Pianto sì e anche molto. Ma mai protestato, perché chi protesta è un debole; chi è forte è l’alternativa. Poi il comune ci ha dato questo luogo di guerra e di morte: noi lo abbiamo trasformato in un luogo di pace”.

Utilizzando le parole del cantautore Vasco Brondi, pongo una domanda: “Arriverà la pace inaspettata e benedetta…”? Noi che abbiamo visto il luogo e vissuto l’esperienza del Sermig, possiamo dire con certezza che la pace è possibile, ma non deve fermarsi solo in alcuni luoghi: deve e può essere esportata in tutto il mondo!

(Con un ringraziamento al direttore del settimanale La Cittadella per la gentile concessione).