L’omelia della Veglia di Pasqua 2020 di don Matteo Matteo Palazzani

12 Aprile 2020

“La terra era informe e deserta, le tenebre ricoprivano l’abisso” (Gen 1,1-2,2 PRIMA LETTURA)

La nostra vita, le nostre giornate sono state deformate-destrutturate dall’epidemia e dal lock down conseguente. Abbiamo dovuto riprogrammare la vita nelle nostre famiglie, riorganizzare il lavoro, i tempi e gli spazi… Abituati com’eravamo ad aver tutto programmato e incasellato ci siamo trovati spiazzati, svuotati.

E improvvisamente, come ha ricordato il papa nella preghiera del 27 marzo scorso, si sono addensate le tenebre sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite anche di noi, suscitando angoscia perché non possiamo più vedere e sapere cosa ci sta davanti, cosa succederà. Ci sembra di vagare nel buio, sospinti in avanti solo di qualche giorno di decreto in decreto. E così attendiamo che qualcuno possa portare finalmente un po’di luce e ci aiuti a dare un nuovo ordine alla nostra esistenza, a ritrovare un centro. Le prime parole che Dio pronuncia nella Bibbia sono: “Sia la luce!” E quelle sue parole potenti e performanti hanno squarciato il silenzio del vuoto cosmico; creando la luce ha separato-allontanato le tenebre, senza tuttavia annientarle, esse resteranno sempre, come ci sarà sempre la notte per far risplendere il giorno. Così anche noi, in questo tempo dove sono calate le tenebre, attendiamo che venga giorno, perché verrà, finché esiste il Sole, la Luce che illumina ogni uomo.

Solo così potremo trovare una strada, una via da intraprendere per passare oltre, solo così potremo vedere il passaggio là dove non sembra ci sia. Un po’ come il popolo di Israele quando si è trovato davanti al Mare Rosso, ci siamo sentiti impotenti e impauriti dal fragore delle onde di annunci quotidiani sui nuovi contagi o sul numero di morti. E questo mare che impetuoso si è esteso su tutta il nostro mondo ha portato via tra le sue onde tanti nostri cari, strappandoli improvvisamente alla nostra vista. Di fronte a questo mare insormontabile e al sopraggiungere del nemico silenzioso che incalza vorremmo anche noi come gli israeliti trovare una colonna di nube che in parte illumina e in parte oscura, che è capace di aprire una via, separando da una parte e dall’altra le acque che ci bloccano nella nostra incertezza e paura. “Il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero” (Es 14,15-15,1 TERZA LETTURA)

Ma quel passaggio nelle tenebre e attraverso il mare dobbiamo trovarlo dentro di noi, nelle nostre case. Tutti infatti continuano a ripeterci di restare a casa, e così un po’ ci siamo isolati e dispersi perché sono venuti meno i punti di riferimento attorno ai quali riconoscevamo di essere popolo o meglio per noi cristiani comunità, penso soprattutto alle chiese e ai nostri oratori. Tante volte proprio noi parliamo di comunità nonostante facciamo fatica a viverla, a renderla visibile, e ora ne sentiamo profondamente la mancanza. Forse che stiamo capendo cosa significa realmente essere comunità? Quante iniziative e gesti di generosità e solidarietà fra la gente, quanti tentativi di restare uniti nonostante le distanze, e tutto questo ci fa sentire di essere intimamente parte di un unico corpo. La dispersione dovuta all’isolamento forzato, ci ha fatto capire quante volte, pur potendo vivere la bellezza dello stare insieme, abbiamo preferito rintanarci nel nostro individualismo.

Ora sentiamo la nostalgia della comunità, come il popolo d’Israele in esilio della sua terra. Ma questo è un sentimento buono che va custodito. Il Signore promette: “vi radunerò e vi condurrò sul vostro suolo” (Ez). Questo tempo forse ci sta facendo capire che da soli ci si perde, insieme invece ci si ri-trova, si possono vincere anche le tenebre più fitte e si può affrontare il mare più profondo. E lo Spirito di Dio che da sempre è all’opera, se lo lasciamo fare sta portando avanti anche in questo tempo la sua missione: tessere in noi un cuore nuovo. “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (Ez 36, 16-17a.18-28 SETTIMA LETTURA). Potremo quindi uscirne rinnovati e diversi, solo insieme, come comunità. Nulla potrà più essere come prima; “Gesù è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove”. (2Cor 5).  

“Così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione”. (Rm 6,3-13 EPISTOLA)

Le donne del vangelo (Mt 28,1-10) che seguono Gesù fino alla fine, fino ai piedi della croce, e poi alla tomba, hanno sentito che Lui è la luce che illumina, Lui che traccia la via da seguire, Lui che ci fa essere comunità rinnovando il nostro cuore, Lui che ci fa passare da morte a vita.

Ma la loro ricerca si ferma davanti alla tomba. Anche le nostre ricerche hanno fatto passi da gigante in tanti campi ma arrivano ad un punto in cui si devono fermare impotenti.

Dal racconto evangelico sembra che, nonostante la ricerca delle donne sia elemento importante, non è stata quella a condurle da Gesù. Egli infatti è sempre oltre, è colui che “precede”. Le donne cercano ma non trovano Gesù, si imbattono solo in un sepolcro vuoto, sarà Lui a farsi trovare. Quasi a dire che Gesù non è mai la conquista delle nostre ricerche, ma che la ricerca è la disposizione interiore che apre le porte a Gesù perché egli possa raggiungerci dove noi ci troviamo. In altri termini, non dobbiamo rincorrerlo per vedere il luogo dove si è nascosto, ma far sì che la ricerca e il desiderio di Lui siano in noi una tensione permanente che già prepara all’incontro, dove e quando Egli stabilirà “andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno”. Sarà il Signore a raggiungerci, anzi a precederci. L’annuncio di Pasqua è la garanzia che l’Amore di Dio raggiunge tutto e tutti, ed è capace di rinnovare chiunque osi cercarlo e invocarlo. E una volta raggiunti ogni cosa acquista una luce nuova, improvvisamente.