L’omelia di don Giovanni Telò in ricordo del compianto Corrado Bocchi

19 Luglio 2021

(Pubblichiamo l’omelia tenuta da don Giovanni Telò in ricordo di Corrado Bocchi, a un anno e 4 mesi dalla sua scomparsa, durante la Messa esequiale di sabato 17 luglio).

Tra alcuni giorni, il 22 luglio, Corrado avrebbe compiuto 63 anni. Mentre si sta avvicinando quell’anniversario, oggi siamo qui a ricordarlo a diversi mesi dalla scomparsa, avvenuta il 22 marzo 2020. È stata una morte improvvisa, che ci ha lasciato tutti increduli e sgomenti. Ciascuno di noi ha conosciuto e amato Corrado come familiare, altri come amico, collaboratore, uomo competente e appassionato che si è speso per la crescita culturale di Castel Goffredo. Vorremmo che, oggi, l’immagine di questo nostro caro amico risaltasse in tutta la sua autenticità, non tanto per le tonalità di colore che noi le daremo, quanto piuttosto perché illuminata dalla luce di Cristo risorto e dalla Parola di Dio che abbiamo appena ascoltato. È il Risorto che dà pienezza alla nostra vita e la Parola – proprio perché Parola di Dio – offre significati di profondità al cammino dell’esistenza umana.

La prima espressione che traggo dalle letture bibliche – dal Libro della Sapienza, prima lettura – dice: «Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio». Il “giusto”, secondo la Bibbia, è colui che vive mettendo in pratica i disegni e i comandamenti di Dio. Per me, Corrado è stato un “giusto”, cioè una persona che ha vissuto i disegni di Dio soprattutto attraverso la bellezza, l’arte, la creatività. Uomini e donne come questi – afferma il Libro della Sapienza –, sono stati «saggiati [da Dio] come oro nel crogiuolo» ed egli «li ha trovati degni di sé». Essi risplendono e «il Signore regnerà per sempre su di loro»: perciò la loro esistenza ora è nell’aldilà, nel paradiso, e, per il fatto che risplendono, la loro testimonianza va accolta come un dono prezioso che deve continuare a incidere sul nostro presente. Perciò non disperdiamo l’eredità dei “giusti”; valorizziamo l’eredità morale e culturale di Corrado.

Corrado si è impegnato a essere “gradito” al Signore, come ci ha ricordato san Paolo nella seconda lettura (Seconda Lettera ai Corinzi). Fare delle cose che “piacciono” a Dio, a lui gradite, è lo scopo della vita del credente, del “giusto” secondo la Bibbia. E qui mi sembra significativo collegarmi alla pagina del Vangelo di Luca, in cui Gesù, rifacendosi alla scena di un corteo di nozze, dice ai suoi discepoli, individuati come servi: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese» per accogliere lui, il Signore.

Mi sembra di vederlo, Corrado, con la sua agenda piena di appuntamenti, impegnatissimo, la fiamma della creatività sempre accesa. Un’altra caratteristica di Corrado ritengo sia stata quella del servizio, cioè dell’aver messo a disposizione della comunità castellana le sue competenze storico-artistiche e la sua professionalità. La competenza e la professionalità in lui erano tutt’uno con l’entusiasmo: un entusiasmo che trascinava. Amava grandemente Castel Goffredo e per essa si è speso in ogni direzione, in particolare per il Gruppo “San Luca” e la costituzione del Mast-Museo della città.

Il fare qualcosa per gli altri – ripeto, la dimensione del servizio – era tipico della personalità di Corrado e, in questo, riusciva a coinvolgere persone, amici, collaboratori. Uno di questi, senz’altro oggi va ricordato: don Antonio Mattioli, prevosto di Castel Goffredo dal 1998 al 2009. Ci hanno lasciato insieme, come ben sappiamo: il 21 marzo 2020 don Antonio, il giorno successivo Corrado. «Don Antonio spronava tutti a fare rete, a creare rapporti e sinergie, all’interno del mondo ecclesiale ma anche fuori», aveva scritto Corrado in un testo che gli avevo chiesto per “La Cittadella” a ricordo del parroco di cui era amico e che sicuramente è anche l’ultimo uscito dalla sua penna e dal suo cuore.

Voglio ritornare alla pagina del Vangelo di Luca per sottolineare un ultimo aspetto. Dice Gesù: «Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli». Il discepolo di Gesù dev’essere “sveglio”, cioè attento, pronto, dinamico, con gli occhi aperti. Sono ulteriori tratti che cogliamo in quell’immagine di Corrado che stamattina stiamo cercando di ricostruire. Per lui essere “sveglio” significava non essere mai superficiale o scontato nelle cose che proponeva, ma sempre qualificato e originale. Si era certi che le iniziative da lui portate avanti avrebbero avuto il sigillo della qualità e della raffinatezza.

Ritengo che la prontezza di Corrado sia da riscontrare anche in un aspetto sul quale, forse, non ci si è soffermati abbastanza. Corrado è stato uno dei pochi castellani ad aver compreso che, per la città di Castel Goffredo, non bastavano più le logiche produttivistiche e mercantili legate all’industria, ma che, per poter crescere in modo completo, era necessario puntare sulla conoscenza e sulla cultura. In tale direzione, il suo contributo è stato determinante. A questo proposito, mi piace ricordare una frase dello studioso inglese Ronald Knox, il quale affermava: «L’uomo non vive senza visioni… Chi si contenterà della monotonia, della mediocrità, dello scorrere delle cose, non verrà perdonato».

Ringraziamo il Signore per essere stati amici di Corrado. La sua testimonianza continuerà a illuminare il nostro cammino. Mi torna alla mente che, in una delle ultime conversazioni che avevo avuto con lui, la sua preoccupazione era rivolta ai giovani. Facciamo in modo che le nuove generazioni si appassionino a tutto ciò che è bello, all’arte, alla cultura, al servizio a favore della comunità. Questo lascia intravedere un futuro migliore: per noi, per Castel Goffredo, per tutti.

Don Giovanni Telò