Una parola sulla Casa del Giovane. E un appello rivolto alla comunità

22 Giugno 2020

Dalla chiusura dell’8 marzo scorso a causa della pandemia da coronavirus, il nostro bar Casa del Giovane non ha ancora ripreso la sua attività, nonostante nella fase 2 e ora nella fase 3 sia stata data la possibilità di riaprire i pubblici esercizi con mescita di bevande e altro, rispettando prescrizioni molto restrittive e precise (percorso di ingresso e uscita distinti, mascherine, distanziamento di un metro l’uno dall’altro nelle quattro direzioni ai tavoli (a meno che non ci siano congiunti), rilevamento quotidiano della temperatura ai dipendenti e ai clienti che si fermano nel bar, igienizzazione costante delle mani, dei tavoli, delle sedie, dei giochi e dei bagni dopo ogni uso, sanificazione quotidiana di ogni angolo e suppellettile del bar, areazione costante). Perché? La risposta è semplice e complessa allo stesso tempo.

Chi è dentro al mestiere di barista conosce molto bene le difficoltà in cui sono entrati i pubblici esercizi, specialmente là dove ci sono dei dipendenti, che naturalmente vanno remunerati secondo la legge, mantenendo quindi un costo fisso per il bar, senza tuttavia avere le entrate sufficienti per garantire la copertura di questo costo, oltre alle utenze e alle altre spese, a motivo sia del limitato numero di clienti che volta per volta può accedere all’esercizio, sia delle restrizioni economiche delle famiglie, per cui non sempre e non tutti potranno usufruire dei consumi, come prima del coronavirus. E’ anche una risposta complessa, tenendo conto dell’utenza particolare della Casa del Giovane, per lo più adolescenti che fanno fatica a stare distanziati, e anziani che non potranno nemmeno giocare alle carte, e così il quadro delle difficoltà si completa considerando che il bar è un luogo dove si va per stare insieme, socializzare, parlare, discutere, guardare la TV e le partite insieme, prendere il caffè dopo le celebrazioni delle SS. Messe (con notevole assembramento), e quindi tutte cose che non si potranno fare o vengono fortemente penalizzate o scoraggiate.

E’ nostro desiderio costante riaprire la Casa del Giovane perché rimane una risorsa per la nostra comunità, specialmente per i più giovani. Ci piacerebbe tanto che fosse un luogo attrattivo per i nostri ragazzi e i giovani, dove si possono sentire a casa. Desideriamo rilanciare la Casa del Giovane, specialmente in prospettiva della situazione “difficile” che si verrà a creare dal punto di vista sociale ed economico per le normali realtà familiari della nostra parrocchia. Ma nello stesso tempo stiamo analizzando insieme al Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici la sua sostenibilità per la parrocchia e le diverse modalità, anche nuove, che la legislazione permette per gestire un esercizio pubblico, il quale è soggetto, come tale, a tutte le regole civili dei bar, ma che non è equiparabile agli altri in quanto espressione della vita comunitaria di una parrocchia che ha altri scopi rispetto ad un bar normale. E’ questo che rende difficile e però bella ed entusiasmante la sfida non solo economica, ma anche culturale, che ci sta davanti.

Infatti un bar ben gestito diventa un punto di riferimento per tutto il paese, un’agenzia di promozione umana, sociale, culturale e gioiosa per tutti, specialmente per i giovani. E’ questo il nostro progetto, per il quale ci stiamo adoperando, tenendo conto di tutti gli attori coinvolti. Da qui un appello: faremo leva sui volontari! Ne servono molti. Se la Casa del Giovane è parte integrante della storia (quest’anno dovremo celebrare il 50° della sua riapertura come BAR!), se fa parte dell’identità castellana, allora aspettiamo tanti volontari che con generosità, come ha sempre dimostrato Castel Goffredo in tante iniziative e in molti anni, daranno il loro tempo, le loro idee, le loro capacità per il bene del nostro Centro Giovanile Castellano. E sarà una nuova … ripartenza, come è stato tante volte nella nostra storia! Poiché tale progetto ha bisogno di tempo per essere realizzato, pensiamo che attendere un attimo la riapertura del bar parrocchiale sia il male minore rispetto al suo rilancio che tutti desideriamo.