Viviamo la Settimana Santa per reimpostare la “rotta” verso il Signore

3 Aprile 2020

Ho espresso alcuni pensieri liberi che affioravano nella mia mente e nel mio cuore all’inizio di questa esperienza terribile dell’epidemia, oggi pandemia, del coronavirus (6 marzo 2020). Poi ho accompagnato i nostri defunti al camposanto, in alcuni casi con una riflessione; ho cercato di “fare compagnia”, tramite la nostra radio, al pomeriggio; ho usato i social come sono capace; ho lasciato qualche omelia, ho pregato spesso con gli altri preti, per voi, per tutti, anche tramite i mezzi comunicativi. Ma non ho più preso la parola in modo ufficiale dalle colonne di questo nostro giornale online; invece ho compiuto solo un gesto: ho esposto il Crocifisso Miracoloso alla porta della nostra chiesa perché vegli e protegga la nostra città intera.

Ma adesso, all’inizio della Settimana Santa, come pastore della nostra comunità, mi sento in dovere di intervenire per cercare di cogliere il senso e la portata di quanto ci accade, dando orientamento alla nostra parrocchia. Vuol dire leggere i “segni dei tempi”, come ci invitava a fare il Concilio Vaticano II e papa Giovanni XXIII, oggi Santo. So che non tutti sono avvezzi a fare meditazione, ma questo tempo ce lo chiede, quasi ci obbliga a pensare, riflettere, ragionare. Riappropriamoci allora della nostra più alta caratteristica di esseri umani: il pensiero! Lo faccio alla luce della Parola di Dio, la mia bussola per orientarmi, districarmi nelle varie vicissitudini della vita. Ed essa non mi ha mai tradito, ma sempre mi ha aperto a nuove strade e possibilità di vita! Col salmo 118, v.105 dico:” Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino”; e ancora al v. 91:” Per tuo decreto tutto sussiste fino ad oggi perché ogni cosa è al tuo servizio”. E: “Mai dimenticherò i tuoi precetti: per essi mi fai vivere” (v. 93). Ancora:” Di ogni cosa perfetta ho visto il limite, ma la tua legge non ha confini “(v.96). Davvero è solo la Parola del Signore che ci illumina su ciò che ci accade nella vita perché per essa e i suoi precetti noi viviamo. Tocchiamo oggi con mano che ogni cosa umana, pur perfetta (!?), è limitata e relativa (cfr. scienza, medicina, fisica, matematica, economia …), ma la legge del Signore, la sua Sapienza, la sua Parola, “non ha confini!”. Sì, tocchiamo oggi con mano quanto siamo fragili e limitati, se è bastato un piccolissimo esserino come un virus per sconvolgere tutta la nostra vita, quello che abbiamo costruito negli ultimi due secoli come sviluppo tecnologico ed economico. Ripetiamo insieme:” Di ogni cosa perfetta ho visto il limite, ma la tua legge non ha confini”.

Ma a quale Parola affidarmi allora? In questi giorni mi ritorna spesso alla mente un brano del Vangelo di Luca (13, 1-5); mi frulla in testa ripetutamente, insieme al commento diretto dell’indimenticabile Cardinal Carlo Maria Martini che ebbi la grazia di ascoltare dalla sua viva voce a Fatima il 12 settembre 2001, all’indomani dell’attentato alle Torri Gemelle, trovandomi là in pellegrinaggio mariano con lui e l’arcidiocesi di Milano. Il Cardinal Martini scelse proprio questo brano del Vangelo per leggere quel fatto gravissimo che ha mutato il nostro modo di percepire la realtà a causa del terrorismo, ormai da quasi venti anni. E mi sembra che anche oggi, davanti al coronavirus, possiamo appellarci a quella Parola, per cogliere il messaggio che ci arriva da questa situazione drammatica che coinvolge il mondo intero.

Ascoltiamo allora questa Parola di Verità:” In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose.” Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Lc. 13, 1-5). E’ chiara la Parola del Signore: non c’è da andare a trovare o individuare dei colpevoli individuali o dei castighi di fronte a fatti gravissimi di male, dovuti alla cattiveria e violenza umana (Pilato ha ucciso dei Galilei mescolando il loro sangue con quello dei sacrifici rituali, compiendo un abominio oltre che una strage! Quante stragi, genocidi, abomini, scelleratezze, sacrilegi, violenze, guerre, usurpazioni di potere, ecc. nella storia di ieri e di oggi!); oppure dovuti ai disastri, spesso improvvisi e imprevedibili, che provocano morte e dolore inenarrabili (Il crollo della torre di Siloe sotto cui morirono diciotto persone allora! Pensiamo oggi al crollo del ponte Morandi, allo tsunami, a un terremoto, a una malattia improvvisa, come questa del coronavirus, ecc). Dobbiamo pensare che chi è colpito da queste situazioni sia più peccatore di altri, quasi che la calamità sia un castigo “divino” per i peccati? Gesù risponde decisamente:” No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”.

E nel Vangelo di Giovanni (cap. 9,1 ss. che abbiamo ascoltato la IV domenica di Quaresima), davanti ad un uomo cieco dalla nascita per cui i discepoli lo interrogano così:” Rabbi, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?”, Gesù risponde chiaro:” Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio”. Quindi non cercare colpevoli individuali, non collegare castighi, non attribuire a Dio il male, mai, mai! Ma si tratta di “convertirci “, o di “manifestare le opere di Dio “, il quale è sempre capace di trasformare anche la notte più buia nell’aurora più splendida, come canteremo nella notte di Pasqua! Ma non lo fa senza di noi, al di fuori di noi, contro di noi, ma insieme a noi. Mi sembra allora di poter dire che la realtà della pandemia da coronavirus è una di quelle situazioni così malefiche che abbisogna di una fede così profonda e semplice allo stesso tempo, da farci prendere la decisione di “cambiare” vita, di “convertirci” appunto perché nella nostra vita “si manifestino le opere di Dio”: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Galati 5, 22). E’ questo quello che il Signore fa in chi si affida totalmente a Lui: fa’ grandi cose, come in Maria (Lc.1,49), e nei Santi. E’ tutto il bene contro il male! E alla fine il bene vince! A questo siamo chiamati: a convertirci!, e così a manifestare le opere di Dio!

Convertirsi significa ‘cambiare strada’, ‘invertire la rotta’: se tu stavi andando in una direzione, adesso la cambi e prendi un altro sentiero. E’ questa l’opera di Dio! Lui è capace di invertire la tendenza! Se prima il seme nella terra marcisce e sembra perso, poi produce una pianta nuova, piena di vita; è dalla notte che scaturisce poi il giorno; o come quando si investe una somma di denaro in una impresa: prima si percepisce solo la perdita del capitale, ma quando poi l’iniziativa riesce, si esulta per la possibilità nuova che ne è venuta per l’impresa e per tutta la società; una medicina o una cura possono essere amare, ma quando danno la guarigione sono ‘benedette’; potrei ricordare il detto di Einstein “nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma” per dire che non c’è mai solo la fine, ma questa coincide con l’inizio di una cosa nuova. O ancora: quello che all’uomo sembra impossibile, a Dio tutto è possibile (così l’angelo alla Madonna!). Certo in questo salto o passaggio da una realtà ad un’altra sta il rischio della fede! Dell’affidarsi a Lui. E’ questa la sfida per l’uomo contemporaneo che ormai aveva collocato Dio nella soffitta delle cose morte, pensando di bastare a sé stesso. Si cantava: Dio è morto … Ora sta morendo l’uomo! Papa Francesco venerdì 27 marzo, alla sera, in piazza San Pietro, commentando il Vangelo della tempesta sedata (Mc. 4, 35-41) ci diceva:” Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: “Convertitevi”, “ritornate a me con tutto il cuore” (Gioele 2,12)”. Ma per fare ciò occorre morire alla vita vecchia, precedente, di prima, e aprirsi alla nuova, quella che porta Gesù: “Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (Gv. 12, 25). La vita nuova vuol dire: Amare! In 1 Gv. 3,14 Gesù dice: “Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte”. Quindi: non essere più preoccupati di sé stessi, non pensare e agire solo per sé stessi, ma considerare gli altri come fratelli. E trovare in questa dimensione di abnegazione il massimo della nostra realizzazione: l’Amore! Ancora il Papa: “Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli”.

Risuona allora potente la Parola di Gesù:” … Ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo!”. Ecco la chiamata di oggi; ecco quanto la situazione ci dice: è arrivato il momento di cambiare vita, di decidersi davvero per una vita vissuta all’insegna della donazione, è arrivato il tempo di scegliere che cosa conta da ciò che passa, ciò che è necessario da quello che è inutile, di abbandonare l’arrivismo e la competizione a tutti i livelli, il menefreghismo quotidiano degli uni verso gli altri, lo sfruttamento solo per sé dei beni della terra, la ricerca spesso compulsiva dell’autosoddisfazione di ogni piacere senza pensare all’altro. Siamo davvero “nella stessa barca” e non ci salverà l’individualismo. Davanti al dramma di numerosi cari deceduti da coronavirus, per i quali non ci è data nemmeno la possibilità di un gesto di pietà, è arrivato il tempo di pensare che questa vita terrena, senza quella eterna, non ha senso; che le cose invisibili, sono quelle più reali; che la speranza nel futuro, e non l’appagarsi solo nel presente immediato, è il motore che ci fa vivere; che l’affidarsi al Padre di ogni bene è l’assicurazione più certa rispetto alle sicurezze materiali, così fallaci e fragili. Infatti nel Vangelo di Lazzaro, ascoltato domenica scorsa, Gesù si rivolge a Marta dicendo: “Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me, anche se muore, continuerà a vivere; e chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?”.

Ecco la sfida! Carissimi castellani, raccogliamola: non ne saremo delusi. Avviciniamoci a Gesù, il Crocifisso: Lui ci salverà. Amiamolo: passeremo da morte a vita! E’ questa la Pasqua che auguro ad ognuno di voi in questo tempo drammatico per la storia dell’umanità. Non c’è altra scelta: “E’ il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri”. (Papa Francesco, “Momento Straordinario di Preghiera in Tempo di Epidemia”). E’ con questo spirito allora che abbiamo scelto di fare per il Venerdì Santo una Processione Straordinaria con il Crocifisso Miracoloso per le vie del nostro paese a cominciare dalle 16ca. Voi starete nelle vostre case; noi passeremo con l’immagine sacra così cara a tutti i castellani ad esprimere la nostra fede in Gesù, Figlio di Dio e figlio di Maria, che ha dato la sua vita per noi sulla Croce, dalla quale vuole abbracciare tutti. Al passaggio, chiunque potrà farsi il segno della croce, o inginocchiarsi davanti a casa, fare un atto di fede e di amore, domandare perdono dei propri peccati, fare il proposito di convertirsi davvero a Lui, impostando la sua vita sulla Sua Parola e i suoi Comandamenti. Comunicheremo a tempo debito il percorso, anche se è logico che non potremo passare per tutte le vie e nemmeno per tutte le frazioni, pur avendone il desiderio. La processione sarà trasmessa in diretta Facebook, affinché tutti possiamo sentirci uniti spiritualmente dalle proprie case e così salirà un unico inno di fede e di amore dalla nostra comunità a Gesù, il Crocifisso, l’Amato del Padre, dato a noi per la nostra salvezza.