Mons. Renzo Pegoraro: “Ciascuno è un dono sacro, promuoviamo la vita”

1 Febbraio 2023

Il messaggio dei Vescovi Italiani per la 45ma Giornata Nazionale per la Vita, porta il titolo: “La morte non è mai una soluzione. Dio ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte” (Sap.1,14)”. Essi riconoscono che di fronte alle fatiche e talvolta sofferenze della vita, davanti e eventi che interpellano per una risposta di accoglienza, vicinanza, prossimità, si cade nella “soluzione” drammatica di dare la morte. Si tratta, in particolare, di un modo di pensare, di agire, di esistere, che mette in discussione il valore della vita umana, la considera in senso strumentale, in base alla qualità di essa e agli interessi socio-economici, e in base a questo valuta le condizioni per il rispetto e la tutela di essa. Sulle minacce alla vita umana si era già espresso Giovanni Paolo II, parlando di una “congiura contro la via”, che trova forma nell’aborto, nell’ eutanasia, ma anche nella fame e situazioni di malattie che colpiscono tante persone e specialmente i bambini, i dissesti ecologici con gravi calamità, le violenze e ingiustizie che provocano profughi e sconvolgono le vite di tanti.

Di fronte a tutto ciò, emerge la tentazione di rispondere con la morte, di vederla come una soluzione a una gravidanza indesiderata, a una malattia inguaribile, alla violenza subita, alle ingiustizie, alla mancanza di speranza, alla solitudine, alla perdita di senso del vivere. La sfida, per i credenti e per tutti, è di vincere la “paura della vita”, di superare una visione dell’altro (concepito, anziano non autosufficiente, malato, immigrato, “avversario”…) come un “problema”, solo una causa di disagio o di minaccia o di sofferenza. Per cui, ricordano i Vescovi, si cade in una “cultura di morte”, che pensa di risolvere i problemi, le difficoltà con l’eliminazione dell’altro, dando la morte, giustificandola in nome della scarsa “qualità di vita”, del dolore insopportabile, della disperazione invincibile, della difesa dall’invasore, della libertà assoluta che porta all’autodistruzione.

La risposta è una “cultura di vita”, che guarda con fiducia e speranza alla propria vita e a quella altrui, per cui ogni persona è e sempre un fratello/sorella anche quando è malato, disabile, concepito in un momento difficile e la cui gravidanza darà dei problemi; quando la fine dell’esistenza chiede presenza, compassione, buone cure palliative. Promuovere, diffondere, educare a una cultura della vita significa coinvolgere tutti, specialmente le nuove generazioni, nella capacità di apprezzare e amare la vita. Anzitutto ciò implica la capacità di stupirsi di fronte alla nostra esistenza, propria e degli altri, e dell’intero creato. La meraviglia della vita, in sé, prima ancora delle sue caratteristiche, qualità, possibilità. È da incoraggiare una cultura che sappia abbracciare tutti gli esseri viventi, favorendo le condizioni ambientali, sociali ed economiche per il rispetto della vita umana, del suo intrinseco valore e il rispetto dell’intera creazione. Cioè una cultura orientata a una ecologia integrale che riconosce e tutela la vita, pur accettando i limiti e le fragilità dell’umano e della creazione.

Tutto ciò diventa responsabilità, impegno e speranza, per affrontare le “prove della vita”, le difficoltà e i problemi anche gravi che possono presentarsi. La sfida è superare la tentazione della morte come soluzione dei problemi, invocando una libertà individuale assolutizzata, senza riferimenti alla relazione con gli altri e senza speranza: così l’aborto, il suicidio assistito, l’abbandono di chi non “serve più”, la rimozione delle persone sofferenti. Papa Francesco ricorda che in tal senso si va verso una cultura dello spreco e dello scarto: “ti uso finchè mi servi; quando non mi servi più o mi sei di ostacolo, ti butto via. Si trattano così specialmente i più fragili: i bambini non ancora nati, gli anziani, i bisognosi e gli svantaggiati… ciascuno è un dono sacro, ciascuno è un dono unico, ad ogni età e in ogni condizione. Rispettiamo e promuoviamo la vita sempre! Non scartiamo la vita!” (Angelus 29/1/2023).

Una cultura di vita, che diffonde accoglienza, gratitudine per esistere ed essere amati, capace di amare e di sperare, che incoraggia a reagire con solidarietà e costanza di fronte alle fatiche e sofferenze. Che accende e riaccende sempre una luce, che illumina, conforta, riscalda. La fede in Dio, come cristiani, è questa luce che sorregge la speranza per una diffusa “cultura di vita”, che accetta anche i limiti della nostra condizione umana, ma apre a una vita che va oltre il tempo, e già assapora l’eternità.

Mons. Renzo Pegoraro – Cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita