Il lavoro scultoreo dell’artista mantovano Andrea Jori, all’interno del presbiterio della Chiesa di Sant’Erasmo di Castel Goffredo, riguarda tre opere separate materialmente nello spazio ma collegate concettualmente; esse sono state fuse in bronzo a cera persa, patinate e lumeggiate con parziali lucidature. Altare, sede e ambone sono stati realizzati secondo intenzionalità precise, partendo da criteri complementari sia estetici che teologici.
L’inserimento di nuovi elementi nel contesto storico e architettonico di pregio della chiesa è stato improntato a un rigoroso dialogo tra spazi, colori e forme. Si è deciso di plasmare la materia evidenziando la metafora dell’unità inscindibile uomo/natura/Dio creatore. Proprio dalla natura è germinato, attraverso l’artista, un omaggio ad un’arte “povera”, semplice e significativa in senso francescano. Rami secchi raccolti pazientemente, tralci, germogli sono stati collegati reciprocamente per formare strutture che sembrano inneggiare al divino che s’innesta nell’umano. Successivamente le parti lignee sono state assemblate ad arte, modellate e rigenerate con l’utilizzo di cera solida plasmabile da fonderia. Molte parti sono state create e aggiunte ex novo per armonizzare e dilatare le composizioni.
Lo stile è tipico dell’artista, tratti veloci che mostrano anche le impronte delle dita, parti rifinite alternate ad altre più grezze, materiche, per ottenere alla fine il massimo dell’espressività tenendo conto anche delle deformazioni prospettiche. La sede presenta ampie volute di rami che, intrecciandosi nell’aria, salgono smaterializzandosi verso l’alto, protesi verso il cielo che è il simbolo per eccellenza della trascendenza. L’ambone più complesso, tridimensionale, allude al roveto ardente dal quale scaturì la voce divina. All’interno una sorta di nastro attraversa verticalmente il manufatto: rappresenta il mistero del verbo che vivifica spiritualmente il nostro mondo. L’altare, l’ara sacrificale, di dimensioni compatte, è formato, per coerenza stilistica, da un intreccio ligneo simmetrico dove sono inseriti grappoli d’uva e spighe di frumento che alludono al pane e al vino eucaristici.
All’interno dell’opera bronzea, nella struttura composta da lastre di marmo verticali ed orizzontali, c’è lo spazio per un reliquiario volutamente visibile in parte attraverso le linee compositive che si intersecano. La bellezza, la verità forse non devono essere ostentate, ma cercate, intraviste un poco alla volta, con umiltà, fede e quotidiana fatica. Lo spazio rinnovato della chiesa accoglie così silenziosamente i fedeli invitandoli alla contemplazione delle meraviglie celesti che ci vengono offerte in dono ogni giorno.