“IBIMUS, IBITIS, IBUNT”, questa era la lapide marmorea affissa alla porta del Rivellino della fortezza di Castel Goffredo, trovata nel cortiletto interno della Casa del Giovane e usata come una pietra da tombino, e ora esposta al nostro Museo MAST (vi invito a vederla!).
Cosa diceva? Tradotta suona così: “ANDREMO, ANDRETE, ANDRANNO”, ad avvertire quelli che volessero entrare in città per saccheggiarla o derubarla o conquistarla, come i nemici, gli avversari, i ladri, i violenti, ma anche i semplici visitatori, che siamo tutti di passaggio.
“Noi stessi ce ne andremo da questo mondo, ma anche voi che passate da questa porta d’ingresso ve ne andrete e anche quelli che vi passeranno nel futuro se ne andranno da questa terra; quindi attenzione, non vale la pena fare tanta fatica per conquistarla, o prendere il potere qui: tutto passerà! Rispetto quindi per la città!”.
Mi sembra che questo monito dei nostri antenati sia significativo farlo risuonare anche oggi e specialmente nell’occasione della festa dei Santi e dei nostri Fedeli Defunti. In un contesto culturale caratterizzato solo dal godimento del presente in ogni sua forma, senza pensare da dove veniamo (il passato che ci ha portato all’oggi!) e men che meno senza aprirci al futuro, rassegnandoci alla fine come semplice fatto naturale come gli animali, richiamare il monito della porta del Rivellino di Castel Goffredo, che è tutto al futuro, ci spinge a riflettere e a capire che è da come risolviamo il problema del futuro che dipende la bontà o meno del nostro oggi. Il futuro non è soltanto la fine e basta, con la morte personale, ma sempre è stato indagato come un’opportunità per l’uomo di conoscere più in profondità sé stesso e il senso del proprio andare e vivere quotidiano sulla terra.
In questi giorni apriamoci al futuro! Per noi è radioso: si tratta di una BEATITUDINE senza fine, immensa, gioiosa, bella e ricca di Amore: quello di Dio Padre, del Figlio e dello Spirito in una Comunione indissolubile ed eterna, e quello tra di noi dove ci ritroveremo insieme, ci conosceremo davvero, ci ameremo al di là e oltre tutti i nostri limiti ed egoismi, dove vivremo veramente da fratelli e sorelle in una unità indissolubile ed eterna che è il Paradiso!
Per questo siamo invitati a pregare anche per i nostri morti. Tutte le grandi civiltà ci hanno lasciato il segno della loro cultura attraverso il culto dei morti (sumeri, assiri, babilonesi, aztechi, maya, indios, indi, ecc ecc). Vedete: è da come si risolve il grande fatto della morte, della fine della vita dell’uomo che acquistano senso e valore il vivere quotidiano, la cultura, i gesti, gli atteggiamenti e i comportamenti dei popoli. Allora recuperiamo alla luce dei Santi il grande senso della fine della vita, della morte e apriamoci alla preghiera in Cristo che nutre la nostra speranza e il nostro amore per i cari defunti.
Dal Concilio Vaticano II, Lumen Gentium n. 50: “Il suffragio è il Santo e salutare pensiero di pregare per i defunti perché siano assolti dai peccati”.
Tre sono le opere di suffragio che possono dare sollievo alle anime del Purgatorio che hanno un effetto meraviglioso su di loro e anche su di noi nel mistero della Comunione dei Santi:
- La Santa Messa: la potenza amorosa di Gesù che si offre per salvare le anime;
- Le Indulgenze: la ricchezza della Misericordia della Chiesa in Cristo offerta a tutti;
- La Preghiera: la nostra potenza.
Ma di queste tre cose ne parlerò prossimamente in questo mese di novembre dedicato tradizionalmente alla memoria dei defunti.