“O graziosa Bambina”: la storia di Maria Bambina nei simulacri castellani

3 Settembre 2022

Come anticipato da don Giuseppe Bergamaschi, la Missione parrocchiale, dedicata al Padre Nostro, prenderà il via giovedì 8 settembre 2022, data in cui si celebra la Natività di Maria Vergine. In accordo con il parroco, il MAST Castel Goffredo – museo della città, inaugurerà nella stessa data una piccola ma preziosa esposizione di Marie Bambine provenienti dalle case di molti castellani. Nella Sala del Camino a piano terra del museo troveranno posto oltre 30 simulacri in cera realizzati tra Otto e Novecento, custoditi come gioielli preziosi sotto campane di Cristallo.

Il culto di Maria Bambina è strettamente legato all’Istituto delle Suore di Carità dette di Maria Bambina, fondato a Lovere nel 1832 dalle due suore loveresi Bartolomea Capitanio (1807-1833) e Vivenza Gerosa (1784-1847, al secolo Caterina) sotto la guida spirituale di don Angelo Bosio (1796-1863) e del parroco don Rusticiano Barboglio. Nel clima politico della Restaurazione, la loro opera caritatevole si ispirò allo spirito missionario di San Vincenzo de’ Paoli inserendosi nel filone del cattolicesimo lombardo dell’Ottocento con iniziative pastorali rivolte soprattutto ai giovani.

La mattina del 21 novembre 1832 entrambe lasciarono le proprie case e si diressero verso la chiesa parrocchiale dove presso l’altare dell’Addolorata, don Bosio e il prevosto don Barboglio celebrarono la messa che diede inizio al nuovo istituto. Originariamente collocato in una casa vicina all’ospedale che Caterina aveva ereditato, chiamata dai loveresi “conventino”, l’istituto trova oggi sede nell’edificio neogotico progettato nel 1931 dall’architetto e presbitero milanese Spirito Maria Chiappetta. Quando nel 1842 le Suore della Carità che operavano nell’ospedale Ciceri di Milano ricevettero il simulacro da don Luigi Bosisio, divennero note come le “Suore di Maria Bambina”. Le “sacre bambole” erano commissionate da nobili famiglie, conventi o monasteri femminili, il corpo era in stoppa avvolta su un’anima in legno e il volto modellato in cera (poi sostituita dalla plastica). Erano prodotte in due formati: fino a 80-90 cm di altezza nel caso dovessero soddisfare un’adorazione collettiva, mentre quelle più piccole erano destinate al culto domestico.

Il periodo aureo di questa forma di arte si concentra nel Settecento sul modello del simulacro realizzato da suor Isabella Fornari, in cui le “bambole” acquistarono una precisa resa anatomica (inclusi gli organi sessuali), arricchita dall’uso del colore per i gomiti, le labbra, i dentini, dagli occhi in pasta di vetro policromo e dalle parrucche in seta, fibra vegetale o capelli veri. Come testimoniano gli esemplari raccolti in questa occasione, le statuette erano avvolte in un tessuto bianco e luminoso come la cuffietta, talvolta decorato con piccoli vetri colorati che creano ruches decorative. La statuetta era accolta in una “cuna” per lo più in metallo rivestita di pizzo e decorata con piccoli fiori bianchi in stoffa come il mughetto, associato all’idea di umiltà perché la sua corolla è rivolta verso il basso, il tutto contenuto in una teca di legno e vetro.

La Maria Bambina era il regalo tradizionalmente donato alle giovani coppie di sposi come buon auspicio di fertilità e protezione per il parto, per questo tenuta in camera da letto, protetta da una campana di vetro o di plastica. La devozione a Maria Nascente è particolarmente cara alla Chiesa ambrosiana, tanto che ad essa è dedicato il Duomo di Milano, consacrato da Carlo Borromeo nel 1572, ma non mancano i legami con Brescia, dove la prima chiesa dedicata a Maria Bambina fu inaugurata nel 1887 a Buffalora (oggi Spazio espositivo don Andrea Recaldini).

La mostra sarà visitabile gratuitamente dall’8 settembre fino al 16 ottobre negli orari di apertura del museo (da mercoledì a domenica dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18)

Barbara D’Attoma – direttrice del MAST   

Foto: Benito Pelizzoni