Analizziamo gli effetti psicologici della Dad per un buon rientro in classe

8 Aprile 2021

L’emergenza Covid ha coinvolto, e coinvolge tutt’ora, ad un anno di distanza, la società in tutti gli ambiti, rendendo necessaria una riorganizzazione globale nelle modalità, nelle tempistiche e nella forma di erogazione e gestione dei servizi. Anche la scuola, in quanto perno del processo educativo-formativo, ha subito notevoli cambiamenti, passando dalle lezioni in presenza a quelle online con la Didattica a Distanza (o DAD, abbreviazione ormai entrata nel linguaggio comune). Questa nuova modalità di “fare scuola” ha suscitato fin da subito non pochi dibattiti, concentrati principalmente sulle carenze a livello pratico, sulle ore di lezione totali, sul numero di presenze degli studenti, sullo svolgimento dei programmi didattici etc. Ma quanti si sono effettivamente focalizzati sui possibili effetti psicologici della DAD? Mi pare necessario comprendere quali sono state le ricadute sulla salute mentale dei nostri ragazzi (ma anche del contesto familiare e del corpo docenti), in modo da poter affrontare con maggiore consapevolezza il ritorno sui banchi.

Tenendo in considerazione che è ormai un anno che i ragazzi sono stati privati, seppur a fasi alterne, dell’esperienza scolastica, “non si può più parlare di breve esperienza negativa, ma di un’esperienza negativa cronica” (come sottolineato da P. Crepet, psichiatra e sociologo), che sta provando la tenuta psicologica di molti. La DAD è stata pensata per ridurre il contatto sociale e contenere quindi la pandemia, ma socializzazione e interazione sono gli elementi principali che garantiscono la crescita mentale e personale di bambini e adolescenti: non avere contatti reali, fisici, impoverisce la dieta del nostro cervello emotivo. I più piccoli apprendono spesso proprio attraverso la stimolazione sociale, il contatto con i coetanei e il confronto con l’ambiente extra familiare; gli adolescenti, dal canto loro, vivono un’età in cui inclusione e accettazione nel gruppo dei pari sono la meta da raggiungere per consentire lo svincolo dal nido familiare. L’andare a scuola è inoltre una routine strutturata che prevede di svegliarsi per tempo, fare colazione, prepararsi, preparare lo zaino, uscire di casa, aspettare il suono della campana per sedersi ai banchi. Tutto questo viene meno quando per “entrare in classe” è sufficiente accendere un pc, magari dopo essersi svegliati da pochi minuti, facendo colazione a telecamera spenta, magari ancora in pigiama.

Le routine che ci portano all’interno dei contesti sociali sono essenziali per strutturare le competenze sociali dei ragazzi, per dare un ordine all’esperienza soggettiva e sviluppare il senso di responsabilità. Online viene meno anche il luogo fisico della classe, generando uno spazio liquido e non definito, in cui la scuola è dentro casa, dentro la propria camera e non ha un orario di inizio e uno di fine. A ciò si aggiungono spesso i problemi concreti di fruizione della tecnologia, le connessioni instabili, l’audio disturbato, l’immagine che si blocca e la telecamera che non funziona. Inoltre la DAD, con il professore che è solo una voce dentro un monitor, agevola la distraibilità, già incentivata dal fatto di essere di fronte a un computer, di poter chattare con i compagni di classe durante le lezioni, di poter giocare, fare compiti di altre materie, guardare la TV in sottofondo, dover badare a fratellini più piccoli… Tutto questo rende ancora più difficile il mantenimento di livelli di attenzione e concentrazione adeguati da parte di bambini e ragazzi. La DAD inevitabilmente sta comportando enormi difficoltà anche per i genitori e le famiglie, che si trovano a dover gestire uno o più figli piccoli a casa e dover allo stesso tempo anche lavorare. Molti genitori si rendono conto solo ora di quanto possa essere impegnativo sollecitare un bambino all’attenzione, seguirlo nell’uso della tecnologia, tenere nota di compiti, mail degli insegnanti e valutazioni.

Anche per i docenti la DAD è una sfida non da poco. L’assenza del luogo fisico “scuola” ha portato a uno sconfinamento, con studenti che chiedono di essere interrogati al pomeriggio, che mandano mail a ogni ora del giorno, generando talvolta la sensazione di essere letteralmente invasi dalla scuola. La nuova modalità di fare didattica, ha reso molto più difficile formulare valutazioni reali e oggettive sul ragazzo che si ha davanti, poiché tutto è meno “controllabile”. Se a questo si aggiungono le previsioni di promozione su larga scala, è inevitabile che anche i docenti percepiscano una svalutazione e una perdita di senso del proprio operato.

Come possiamo affrontare la riapertura della scuola nel migliore dei modi e con la consapevolezza di ciò che la DAD ha comportato? Innanzitutto diventa fondamentale abituare bambini e ragazzi a ripristinare la ruotine dell’andare a scuola. Il lungo periodo di isolamento e assenza di contatti sociali potrebbe aver generato dinamiche di isolamento, quindi è opportuno osservare le abitudini dei propri figli: quante ore trascorrono davanti a dispositivi tecnologici, quante attività svolgono fuori casa, se hanno mantenuto i contatti con amici e compagni di classe. Come evidenziato, la DAD inevitabilmente ha impattato anche sulla motivazione allo studio e sui ritmi di lavoro, inducendo un adeguamento alla situazione in ribasso. Genitori e docenti, alla luce di questo, dovrebbero pretendere il giusto dai propri figli e studenti, cercando di stimolare di nuovo l’interesse per la scuola e comprendendo la loro difficoltà a impegnarsi come prima.

Quando l’esperienza del Coronavirus sarà terminata, tutti quanti noi dovremo affrontare un ritorno alla “normalità”, che passa necessariamente attraverso la capacità di abbandonare la zona di confort che ci siamo creati in questo periodo per sopravvivere. Ed è quasi assurdo pensare di dover aiutare un bambino a ri-abituarsi alla socializzazione, perché dovrebbe essere un suo diritto fondamentale, quindi, noi che siamo gli adulti, “noi” che abbiamo costruito queste regole, o chi per “noi”, almeno scusiamoci con le generazioni future e cerchiamo di comprendere il disagio che abbiamo provocato loro.

Elena Cappa – psicologa di Castel Goffredo