L’omelia del Vescovo Marco per la festa di Sant’Erasmo a Castel Goffredo

3 Giugno 2022

Pubblichiamo l’omelia del Vescovo di Mantova, mons. Marco Busca, in occasione della festa di Sant’Erasmo dello scorso 2 giugno, con la consegna degli “Erasmi d’Oro” a quanti – associazioni e privati – hanno donato la propria generosità nel tempo del Covid.

La festa patronale del titolare della parrocchia, Sant’Erasmo, vescovo e martire, coincide con la festa civica, perché cade proprio nel giorno della Festa della Repubblica, quando Castel Goffredo è stata dichiarata Città, oltre venti anni fa. In questa circostanza la municipalità castellana compie un gesto simbolico di educazione alla cittadinanza consegnando una benemerenza ai cittadini meritevoli che si sono distinti per aver sostenuto e promosso la vita della comunità, l’Erasmo d’Oro. Si premiano coloro che hanno contribuito a rendere migliore, nelle forme più diverse, la vostra città.

Quest’anno l’Erasmo d’Oro è assegnato tutte le Associazioni che, durante questi due anni abbondanti di emergenza Covid 19, hanno dato il loro generoso contributo per sostenere la popolazione, specie i più fragili. È impressionante la forza del volontariato di Castel Goffredo: 105 Associazioni di vario tipo, accomunate dallo stesso slancio di generosità! La solidarietà è oggi uno dei valori che più toccano il mondo occidentale, anche la popolazione giovanile, e molte persone si mostrano capaci di grande dedizione. Durante la pandemia la gente comune ha scritto una storia di beneficenza formidabile che merita di essere messa in rilievo perché, purtroppo, c’è la tendenza a non credere al bene, anzi a sminuirlo: si fa del bene perché si ha tempo libero, si ha l’animo ingenuo. Ma, in verità, fare del bene ed essere solidali richiede forti motivazioni di fondo e, spesso, il coraggio di pensare e decidere “controcorrente”. La vicenda di Paolo che abbiamo ascoltato nella lettura degli Atti degli Apostoli ci mostra un esempio.

Paolo riceve la solidarietà del tribuno Claudio Il tribuno Claudio, che era riuscito appena in tempo a strappare Paolo ad una folla che stava per ucciderlo senza aver compreso con precisione di cosa fosse accusato l’Apostolo, innanzitutto ritiene necessario un confronto pubblico tra accusato e accusatori, cioè i capi dei sacerdoti e i membri del sinedrio. La cosa suscita un acceso dibattito tra le due componenti principali del sinedrio, quella dei sadducei e dei farisei, e il tribuno, vedendo che le cose non volgono al meglio per Paolo, lo protegge nuovamente riportandolo nella fortezza. Non è questa l’unica volta che Paolo trova la solidarietà: nel suo viaggio verso Roma fa naufragio vicino alle coste di Malta e si salva con altre 276 persone. Il cap. 28 (cfr. vv. 1-2) del libro degli Atti degli Apostoli racconta che i maltesi li «trattarono con rara umanità»: è un’espressione molto sapida che vuole esprimere un concentrato di solidarietà pratica, di comprensione, di compassione, di cura. Infatti, li «accolsero tutti intorno a un fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia e faceva freddo». L’umanità non è un punto di partenza, ma di arrivo. Uomini si nasce, umani si diventa. Purtroppo, è sempre possibile un imbarbarimento e la guerra in atto lo conferma; ancora una volta le lancette della storia regrediscono: stupri e volenze su donne, anziani e bambini, civili torturati e ammazzati sono i segni di una disumanità, di una bestialità crescente. Il male si propaga per distrazione dall’umano autentico e, allora, è necessario coltivare la buona umanità: sottrarsi alla violenza, agli istinti omicidi, alla cultura del nemico è la nostra grande responsabilità per evitare il naufragio nella disumanità.

Paolo cerca la fraternità Paolo trova la solidarietà che un pagano gli offre spontaneamente, a motivo della comune cittadinanza romana, ma quando prende la parola rivolgendosi alla gente del suo popolo lascia intendere che lui cerca anche la fraternità: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti». La fraternità rimanda a un impegno che supera il dovere della solidarietà. La benevolenza perché mi sei fratello in umanità è l’anima della beneficenza. Paolo trova la comunione Il tribuno riporta Paolo nella fortezza e chissà quali pensieri passavano nella sua mente mentre si trovava là, al sicuro ma anche rinchiuso. Probabilmente pregava il Signore e si interrogava sul suo futuro. Erano sorti diversi imprevisti sul suo cammino ma il suo desiderio missionario era di arrivare a Roma. Proprio quella notte il Signore si rivela in maniera particolare a Paolo rassicurandolo sul suo futuro: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma».

Paolo, che riceve i segni di una rara umanità e che aspira alla fraternità, sperimenta anche una relazione fortissima e unica con il Signore: una comunione. È quella che ci porta al cuore del cristiane-simo e il Vangelo odierno lo conferma: «E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me […]. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro». Come si spiega la cultura solidaristica e fraterna di Castel Goffredo? Le radici sono plurali, ma sicuramente diverse radici affondano nel terreno della storia cristiana di questo territorio: il cattolicesimo sociale, l’azione formativa di don Aldo Moratti e del maestro Cessi con l’avvento dell’AC, l’intraprendenza di un laicato improntato alla spiritualità e all’impegno concreto verso gli altri.

La tradizione procede in avanti con la sua capacità di contaminazione positiva, ma necessita di rinnovare la consapevolezza delle radici che nutrono i valori della solidarietà e della fratellanza. Non c’è mai autentica esperienza di Dio al di fuori di un’esperienza di umanità e autentica fraternità è già esperienza di Dio. Trasformare il nostro convivere giornaliero in fraternità non è un passaggio automatico, ma una scelta personale che implica un apprendimento. Papa Francesco parla di «fratellanza universale». Nell’Evangelii gaudium al n. 87: «Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio».

La «fraternità» non è più considerata come ovvia, emerge la sua dimensione per così dire mistica o contemplativa. La fraternità mistica e contemplativa consiste nel «guardare alla grandezza sacra del prossimo», «scoprire Dio in ogni essere umano», «aprire il cuore all’amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre buono» (EG, n. 92). «Si tratta di imparare a scoprire Gesù nel volto degli altri, nella loro voce, nelle loro richieste. È anche imparare a soffrire in un ab-braccio con Gesù crocifisso quando subiamo aggressioni ingiuste o ingratitudini, senza stancarci mai di scegliere la fraternità» (EG, n. 91). Dio è un Padre silente, che non impone né la figliolanza né la fraternità. C’è un riconoscimento dell’Altro come Padre e dell’altro come fratello che avviene per mezzo di scelta e apprendimento; e di riconoscimento e accoglienza di un dono dello Spirito – la gloria – perché fratelli ci si scopre a motivo della comune origine nel Padre e del germe divino abita in noi. La testimonianza dei cristiani oggi è approfondire la solidarietà in fraternità e mostrare con la vita che le radici di ogni beneficenza affondano nel mistero del Dio-comunione, del Dio-Trinità che si comunica all’umanità. Esiste un solo Uomo, un unico Adamo sempre spezzato dal nostro peccato, ma sempre ricomposto in Cristo, nel quale siamo tutti «membra gli uni degli altri». «Ama il prossimo tuo come te stesso» diventa così: «Ama il prossimo tuo perché è te stesso»

S.E. mons. Marco Busca – Vescovo di Mantova