“Quando il lavoro non soddisfa più…”: l’analisi della psicologa Elena Cappa

26 Settembre 2022

Lo scenario post-pandemico ha portato a galla molti cambiamenti e nuove forme di organizzazione che riguardano vari ambiti di vita: la scuola e il modo di erogare le lezioni, i contatti sociali “virtuali”, l’esplosione dei corsi di fitness online, la gestione delle prenotazioni ai ristoranti e agli hotels e, sì, anche il lavoro. Il rientro a pieno regime di tante attività e la ripartenza di piccole e medie aziende, dopo i due anni di ridotta produzione, hanno rappresentato per molti anche l’inizio di un nuovo modo di vivere il lavoro. L’indagine della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro dal titolo “Italiani e lavoro nell’anno della transizione”, condotta in collaborazione con SWG, mostra che più della metà dei lavoratori del Belpaese (55%) vuole cambiare lavoro, perché insoddisfatto dell’occupazione attuale e il 15% è alla ricerca di una nuova occupazione. Gli italiani hanno voglia di cambiamento.

L’insoddisfazione verso l’attuale condizione lavorativa appare un tratto abbastanza diffuso tra i lavoratori e le principali critiche riguardano: scarsa gratificazione economica causata dalle basse dinamiche retributive, limitate possibilità di crescita professionale e sempre più marcata incompatibilità tra lavoro ed esigenze di vita personale. In particolare il desiderio di benessere individuale mette in luce proprio l’esigenza di ridurre lo stress lavorativo e di avere più tempo da dedicare a se stessi, amplificata probabilmente dai due anni di pandemia che hanno portato molti a rivedere la propria scala di priorità. Complice di queste nuove esigenze è stata anche l’affermazione dello smart working come nuova modalità lavorativa, più flessibile e più compatibile con la vita privata.

Da un punto di vista puramente psicologico, il disagio lavorativo è qualcosa le cui origini sono ben al di sotto di ciò che si vede. Il lavoro rappresenta per molti uno dei mezzi della propria realizzazione personale e della propria definizione identitaria. Al lavoro si trascorrono in media 6-8 ore al giorno, per 5 giorni alla settimana e quindi è inevitabile che diventi un ambiente che impatta sul nostro benessere psicologico. Il lavoro inoltre è uno degli elementi che ci definisce a livello personale: la nostra società è per gran parte basata su una definizione di “status” sociale, lavorativo, economico e di immagine, quindi la propria autorealizzazione passa anche attraverso la soddisfazione professionale. Cambiare lavoro è perciò un processo difficile e complesso che mette in gioco un’intera struttura di vita e percezione di sé.

Condizioni di malessere, disagio, insoddisfazione e stress nell’ambito lavorativo possono avere anche importanti ripercussioni sulla salute sia fisica che mentale, con sintomi quali: ansia, nervosismo costante, irascibilità, frustrazione, difficoltà a dormire, tachicardia, tensione muscolare, alterazioni dell’appetito etc… I motivi che possono portare a una condizione di insoddisfazione lavorativa non vanno però semplificati, possono includere infatti: stress eccessivo soprattutto quando le richieste dell’azienda sono superiori alle capacità del lavoratore di farvi fronte; mancata identificazione nell’azienda, ossia il “non sentirsi più parte” dell’azienda per cui si lavora, non condividere più le logiche interne, le dinamiche di promozione, la vision; la mancanza di stimolo e motivazione per andare avanti, con un senso costante di pesantezza in tutte le mansioni che si svolgono; non sentirsi valorizzati nei compiti assegnati perché non rispecchiano le proprie effettive abilità; impossibilità di crescita sia economica che di carriera; stipendio insoddisfacente e non equo rispetto al proprio lavoro, che non solo non consente di realizzare i propri desideri ma nemmeno di sentirsi adeguatamente premiati e riconosciuti.

Ognuno di noi però, prima di scegliere di cambiare lavoro o meno, dovrebbe attentamente prendere in considerazione le motivazioni personali: Cosa rappresenta il lavoro per voi? Quali sono i motivi sottostanti la voglia di cambiamento? Cambiare fa sempre paura, chi parla bene del cambiamento probabilmente sta parlando del cambiamento degli altri. Cambiare è difficile perché significa uscire dalla propria zona di comfort, dove tutto è conosciuto, facile e senza grossi rischi. Cambiare lavoro inoltre significa spesso anche un cambiamento di vita, di orari, di colleghi, di mansioni etc. e pertanto richiede solide basi emotive e buona capacità di gestione dell’incertezza.

Tuttavia, il cambiamento è fondamentale nella nostra vita perché ci permette di scoprire nuovi mondi, di proiettarci verso il miglioramento e di creare nuovi equilibri. Riflettere su se stessi, analizzare le possibili prospettive e motivazioni personali, può essere un buon primo passo per capire se quello che stiamo cercando è davvero un cambiamento e se siamo pronti per affrontarlo.

Elena Cappa – psicologa di Castel Goffredo