“Il ritardo dello sposo”: commento al vangelo di domenica 8 novembre

7 Novembre 2020

Ad una analisi abbastanza attenta, anche se non necessariamente profonda della parabola, si comprende che lo sposo di cui si parla è il Signore Gesù che la Chiesa aspetta e in particolare la prima Chiesa aspettava con ansia, perché pensava che la sua venuta fosse imminente. È la sensazione che tante volte proviamo anche noi quando vorremmo che Dio fosse presente all’appuntamento delle nostre esigenze ed invece sembra del tutto assente. Perché è in ritardo? Come dobbiamo leggere queste attese che non sembrano finire mai e creano in noi ansia che ci soffoca? Quante volte l’uomo percepisce questi ritardi di Dio! Se ripercorriamo la storia della nostra salvezza potremmo dire che viene costruita con un ritardo dopo l’altro, dove Dio sembra essere esigente nei confronti del suo popolo, ma Lui si muove liberamente: è il popolo oppresso in Egitto e Dio dov’è? È il popolo che cammina nel deserto e deve ribellarsi con Mosè perché assetato e affamato, ma Dio si fa attendere; è il popolo che sta costruendo la sua storia, ma è attorniato da nemici che incombono su di lui continuamente e Dio sembra essere soltanto nella voce dei profeti che chiedono fedeltà all’Alleanza; promettono protezione, ma intanto il popolo cede sotto i colpi dei grandi dominatori del momento. È in particolare il popolo che soffre in esilio, dove ha la sensazione di aver perso tutto, compresa la sua identità, ma Dio è lontano, quasi irraggiungibile. Solo attraverso i più coraggiosi e fedeli il popolo riesce a percepire la presenza di Dio, ma sembra ancora sordo ad ogni appello. La vita di Gesù non è molto diversa: quando si mette a predicare la venuta del Regno incontra solo contrasti e difficoltà, fino al momento culminante sulla croce dove gli Evangelisti gli mettono in bocca quel grido “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato!” che alle nostre orecchie suona sempre come un grido di disperazione.

Se infine, entriamo nella nostra storia personale, quante volte dobbiamo registrare il “ritardo di Dio”: invochiamo la sua presenza in particolari momenti, ma Lui sembra sordo ai nostri appelli; molte volte la persona ricorre a dei surrogati di Dio e s’immagina che Lui sia presente in prodigi strani (pensiamo all’attività dei maghi, lettori di carte e attività simili), ma poi si deve disilludere e tornare nella normalità della vita, dove ci si deve arrangiare. E Dio dov’è? Facciamo fatica a credere che Dio sia presente alla nostra vita, anche quando noi non lo possiamo trovare. La fede può aiutarci, ma talvolta va in crisi e noi ci sentiamo abbandonati.

Andando avanti nella parabola  constatiamo che lo “Sposo” arriva all’improvviso a mezzanotte, quando tutti sono addormentati e metà delle vergini che dovevano vegliare non hanno più olio per le loro lampade. Perché viene all’improvviso? Perché nel mezzo della notte? Non sono queste l’ora e le condizioni del ladro?

Dio arriva sempre all’improvviso, perché la sua venuta è sempre un avvenimento che rompe con il passato, è novitario; porta ciò che l’uomo non può prevedere con la sua razionalità. Viene nel mezzo della notte, quando la potenza del male sembra dominare incontrastata. Se ripercorriamo la Storia della Salvezza troveremo che tutti gli avvenimenti più decisivi sono avvenuti in piena notte: la creazione, la fuga dall’Egitto del popolo; la nascita del Salvatore, l’arresto, la risurrezione … Non sono coincidenze, Dio si presenta come luce nella notte perché vuole condurre i suoi figli a salvezza. S. Giovanni nel prologo del suo Vangelo insiste molto su questo tema. È la luce che guida il cammino; le tenebre sono sempre un ostacolo, ma non sono capaci di soffocare la luce.

Cristo viene per condurci al banchetto nuziale dove ci sarà la pienezza della vita. Chi è pronto va con Lui. Ancora un particolare da notare: la porta viene chiusa. Coloro che pensano di fare un’altra strada si sentiranno dire: “In verità vi dico, non vi conosco!”. Cerco di dare una lettura alla nostra portata. Cristo che viene all’improvviso nel pieno delle nostre difficoltà non è mai la presenza che risolve tutti i nostri problemi come noi vorremmo. È sempre la presenza che supera le nostre esigenze e ci porta in orizzonti nuovi. Ci fa conoscere il senso della nostra persona e della nostra vita fino al punto che noi siamo capaci di dominarla e ravvivarla, non siamo messi nella condizione di subirla. E questo ce lo fa conoscere chiamandoci a condividerla con Lui. La festa della vita sta nel diventare attori. Le vergini che entrano al banchetto regale saranno in questa condizione. Il Signore chiede solo una cosa: tenere alimentate le lampade, cioè far sì che la nostra persona sia sempre in dialogo con Lui attraverso l’ascolto della sua Parola e mettendo in pratica i suoi insegnamenti.