La mia speciale dichiarazione d’amore… nella Giornata mondiale del libro

22 Aprile 2021

Di Luca Cremonesi

In occasione della Giornata mondiale del libro del 23 aprile, concedetemi una piccola riflessione, sull’onda di un grandissimo amore. Vivo circondato dai libri. Il mio studio è formato da quattro pareti ricoperte da quattro librerie. Tutte e quattro arrivano fino al soffitto. Su queste ci sono scaffali con libri in doppia fila. In terra ci sono libri. In cucina ci sono libri. Sui tavoli ci sono libri. In camera da letto e sui miei comodini ci sono libri. Sui miei letti ci sono libri. In bagno ci sono libri. In macchina, sui sedili e nel baule ci sono libri. In ogni mia borsa, zaino e shopper ci sono libri. Sui miei profili social ci sono libri. Nel mio cellulare, nel mio tablet, nei miei computer ci sono libri. In tasca ho libri. Nelle mani ho quasi sempre un libro. Se devo attendere in coda, in uffici, lo faccio con dei libri. In vacanza, io e Rachele, portiamo libri che selezioniamo con cura, così da ottimizzare e leggerli a vicenda. In giro per le città non ci facciamo sfuggire le librerie. Lei, poi, è un vero segugio in fatto di novità e di ‘libri particolari’. Per non farmi mancare i libri, poi, ho pure deciso, con alcuni amici, di fondare una casa editrice. Così, oltre ai libri letti, ci sono quelli editati. Insomma, non resto neppure  una piccola parte della mia giornata senza un libro. Quando dormo, leggo un libro, e sfoglio quelli che ho portato a casa. E, ovunque vada nel corso della mia giornata, anche se solo per poche ore, ho con me dei libri. Non ci credete? Venite a vedere, non ci sono problemi.

Il primo che ho comprato? Lo ricordo bene: Vamba, ‘Il giornalino di Gian Burrasca’, edizioni Einaudi scuola, copertina bianca e verde. Penso di non averlo mai letto all’epoca (più tardi si, eccome… l’ho anche ripubblicato, con una mia prefazione, con la mia casa editrice). L’ultimo? Mentre scrivo “La società senza dolore” del filosofo Byung-Chul Han (Einaudi), e ne ho già letto metà, nell’arco di poche ore, mentre scrivo questo testo. Sono decisamente cambiato dai tempi di Gian Burrasca…

In sostanza, non vivo senza libri. Ogni attimo libero è dedicato a un libro. Lo posso leggere, oppure cercare, oppure spostare, oppure prendere in mano per fare una ricerca. La sostanza non cambia: io vivo con i libri. Non è solo una questione di spazio fisico – la carta ne occupa, eccome – ma anche di respiro, di profumo, di senso dell’esistenza.

Il fatto poi di avere una grande biblioteca in casa – come insegnano Umberto Eco e Alfredo Castelli (padre di Martin Mystère) – permette di creare ulteriore spazio. In altre parole, si può spaziare… nel senso letterale di ‘fare spazio’; oppure, come insegna Walter Benjamin (altro filosofo che viveva per e con i libri), creare dello spazio nella nostra mente. “Li ha letti tutti professore?” Chiedevano ad Umberto Eco. Nel mio piccolo è la domanda che mi sento rivolgere spesso dai miei amici e dalle mie amiche, o da chi entra nel mio studio. E la risposta che fornisco loro è quella dello stesso Eco. “No ovviamente, ma di tutti conosco di cosa trattano e, quando mi servono, so dove cercarli e so dove trovare quello che mi serve”.

Che mondo magnifico quello dei libri. Ricordo ancora il primo romanzo che lessi in modo integrale: “Le avventure di Tom Sawyer” di Mark Twain (autore che adoro). Fui obbligato a leggerlo dalla mia maestra delle elementari. Io prendevo a calci un mio compagno di classe durante la ricreazione; lei mi puniva tenendomi in classe a facendomi leggere un libro. Non finirò mai di ringraziarla e, ripensandoci adesso, non so se, inconsciamente, perseverassi nel martoriare l’allora sfortunato compagno di classe (oggi affermato professionista che lavora in Brasile) per starmene in classe a leggere ed evitare così di giocare “a lupi” e a “liberaferma”. Durante quelle punizioni lessi ‘Le avventure di Huckleberry Finn’, ‘Tre uomini in barca’, ‘Il Barone Rampante’ e ‘Marcovado’.

Il primo libro, invece, che lessi di mia spontanea volontà fu una raccolta di racconti di Howard Phillips Lovecraft e ‘IT’ di Stephen King. Era l’epoca del boom di Dylan Dog. Non si poteva leggere la creatura di Tiziano Sclavi senza le basi. La letteratura horror era d’obbligo e così lessi tutti classici di genere, scoprendo così un gigante vero come Edgar Allan Poe. Il tutto accadde grazie a un gruppo di amici – oggi disperso e sfaldato – con i quali ci trovavamo in una mansarda a … leggere; a confrontarci sui libri e fumetti; a tentare di scrivere racconti. Che bella magia; che epoca meravigliosa. Ripenso spesso a quella stagione, e ne ho la giusta e sana nostalgia. Questa situazione la vedo simile, per certi versi (ma decisamente con meno disperazione), a ciò che sappiamo della quotidianità di Salgari. Soli, in quella mansarda, sognavamo con pochi soldi in tasca ma buona musica, buoni libri e tante ambizioni. Forse – ma si potrebbe anche togliere – il mio studio “allargato” è un ri-cercare quell’atmosfera di quella mansarda: libri, buona musica, film, sigari e liquori. Questo è il mio regno e non c’è cavallo che tenga.

Pur se nel caos, in questo studio c’è un ordine. Mio. Ovvio.

Potrebbe essere migliore, ma c’è un perché anche sul perché non c’è un vero e proprio teutonico ordine. In primis, ovvio, amo il disordine. Poi perché la mia è una libreria in divenire. Compro quello che voglio leggere; poi quello che vorrei leggere, e anche quello che leggerò. Acquisto ciò su cui sto lavorando, o ciò su cui devo lavorare o ciò che, magari, un giorno prenderò in mano per lavorarci. Compro perché so che potrebbe non esserci più quel volume, fra qualche anno. Meglio averlo qui, che disperso nei meandri di antiquari esosi. Cerco ciò che mi serve, ma anche quello che potrebbe servirmi o che, in passato, mi è servito e, chissà, un giorno potrei servirmi ancora. C’è anche una perversione: lo prendo, quel libro, perché qualcuno so che me lo chiederà in futuro e io potrò dire… “eccolo qua!”.

L’ordine prevede quattro macro categorie: Narrativa/Poesia/Teatro; Filosofia/Saggistica; Graphic novel/Fumetto; Cataloghi. Ogni macro categoria – tranne i cataloghi – è suddivisa per Paesi. Ogni Paese è organizzato in ordine alfabetico per cognome dell’autore. Il reparto Filosofia è leggermente diverso: non è organizzato in ordine alfabetico, ma per autori. Inoltre è diviso su due piani: la parte antica (quasi tutta) è nella mia ex camera da letto. La parte dal Rinascimento fino ai giorni nostri è qui, alle mie spalle, nella stanza nella quale sto scrivendo. Detto questo, la particolarità del comparto filosofico non è finita. Per essere chiari: i filosofi sono tutti ordinati come d’altronde le loro opere. I libri scritti sui vari filosofi seguono, invece, il filosofo e non l’ordine alfabetico del cognome dell’autore che ha scritto su quel filosofo. Esemplifico: Francesco Adorno che ha scritto (molto) su Platone si trova alla fine dello scaffale di quest’ultimo, e non prima di Aristotele. Per la narrativa, invece, è tutto più semplice…

Il bello di possedere una vasta libreria è nel cercare, non nel trovare subito al primo colpo un volume. In questo modo, infatti, la libreria e gli stessi libri vivono, si riattivano e si rimettono in circolo. Quando cerco, che ne so, un volume di Albert Camus, mi muovo nello scaffale francese e, così facendo (lo faccio per voi in diretta, mentre ne scrivo), scopro e (ri)trovo un Georges Bernanos che non ricordavo, un Jerome Ferrari che avevo messo di sbieco, ‘Marinai perduti’, capolavoro di Jean-Claude Izzo, e due Annie Ernaux che non erano ancora stati impilati accanto agli altri. Poi c’è un Sartre, d’annata, finito lì perché i due – Camus e Jean-Paul Sartre – avevano lavorato parallelamente su un certo tema di cui mi ero occupato in passato. Questo mi fa venire voglia di (ri)guardare lo scaffale di Sartre, filosofo e scrittore pure lui, come Camus, ed entrambi premi Nobel, anche perché in questi giorni è uscita una bella monografia dello psicanalista e saggista Massimo Recalcati. Vedete? Cercare vuol dire aprire trame, tracciare nuovi percorsi di lettura e di ricerca. Da Camus (Francia), siamo già arrivati alla psicanalisi di Recalcati, quindi nello scaffale italiano della saggistica. I viaggi nella mia biblioteca sono di questa natura e, spesso e volentieri, sono anche molto più lunghi e affascinanti. Ve ne racconto un altro…

Cercavo, per usarlo in classe, il “Diario” di Cristoforo Colombo (edizioni Bur). Doveva essere nello scaffale saggistica che, però, ha una sotto divisione: quella di uso quotidiano (dove trovano sede i volumi che utilizzo spesso quando lavoro a scuola). Ovviamente non c’è! Vale quanto detto sopra: sono disordinato. Parte la ricerca!  Anzi, il viaggio… proprio come Colombo: so da dove salperò ma non conosco la meta.

Dove sarà il volume che cerco? Guardo nella saggistica italiana e mi arriva fra le mani un volume di Guido Rossi, grande docente della Bocconi, edito da Adelphi (casa editrice che adoro). “Il mercato d’azzardo” (2008): “Quando l’accumulazione di capitale di un Paese diventa il sottoprodotto delle attività di un casinò, è probabile che le cose non vadano bene”. Splendido. Rossi era un docente d’economia e un divulgatore, oltre a un rigorosissimo ricercatore di razza.

Quel brano mi fa venire in mente alcune parole del filosofo Giorgio Agamben, lette nel suo monumentale “Homo Sacer” (ho tutti i singoli volumetti, ma l’omnia uscita l’anno scorso per Neri Pozza è più comoda… e ho pure quella). Lo sfoglio e cerco quella suggestione: “Ciò generalmente avviene in presenza di una circostanza particolarmente grave (guerra, pandemia, tumulto popolare, disastri naturali) che impone di sospendere il rispetto delle leggi ordinarie e l’imposizioni di misure speciali per il superamento della situazione stessa. È il capo del governo a poter decidere di dichiarare questo stato per salvaguardare il paese anche a costo di andare a ledere i diritti individuali”. Ci penso… e mi ricordo del rito!

Lo stato d’eccezione è l’alter-ego del rito. Se mi spingo su questo terreno non posso non arrivare a lui, Ernesto de Martino (antropologo, storico delle religioni e filosofo, i suoi libri dedicati ai riti nel Meridione d’Italia sono meravigliosi) e, allo stesso tempo, devo prendere in mano “Tristi Tropici” di Lévi-Strauss. Le culture precolombiane e del Sud America tornano, dunque. Ed ecco che volo su ‘Le vene aperte dell’America Latina’ di Eduardo Galeano (lo dovete leggere!) e su ‘La conquista dell’America’ di Tzvetan Todorov. Il grande intellettuale bulgaro, naturalizzato francese, ha però ha studiato anche il Mediterraneo… Penso: “Ma io ho terminato la mia ricerca sul Mediterraneo come spazio di racconti, miti e storie? Avevo cominciato a leggere su questo fronte… E, spostandomi di lato, mi arrivano in mano due grandi Adelphi presi lo scorso anno, nell’epoca delle offerte al 25% e che, non so come, sono finiti qui, in terra, vicino allo scaffale di Todorov. Uno è un reportage di Simon Winchester sull’Atlantico quale spazio di avventura (da Colombo in poi) e di commercio (quante e quali super-navi, oggi, solcano quell’oceano?); l’altro un saggio incredibile sulla setta degli Assassini (‘L’ordine degli assassini. La lotta dei primi Ismailiti nizariti contro il mondo islamico’ scritto da Marshall G. S. Hodgson e Svevo D’Onofrio), una grande ricerca storica sul mondo dell’intransigenza religiosa estrema in medio-oriente, nel corso dei secoli, e, oggi legata ai grandi capitali fatti di petroldollari. Non posso che pensare a ‘Petrolio’ di Pasolini… Lo devo prendere in mano. Ne ho tre edizioni: la prima, Einaudi, la mezzana, Mondadori, e la definitiva, ne I Meridiani. Lì mi fermo… Mi metto al tavolo e rileggo alcune pagine di PPP. Che bel viaggio… ne sono felice.

Capite? Non mi sono mosso dalla mia stanza. Mi sono solo spostato su tre pareti (neppure tutte e quattro) ma quanto ho viaggiato e, soprattutto, quanto mi sono perso… “L’importante non è naufragare, ma aver ben navigato” afferma il filosofo Massimo Cacciari a proposito del Rinascimento e delle sue mancate conquiste filosofiche. Ha ragione… e non solo per l’ultima grande epoca storica del Nostro paese. Non importa mai naufragare e neppure il naufragio se, ovviamente, si è ben navigato.

“Non so mai se regalarti un libro, con tutti quelli che hai”. Errore! Se anche dovesse capitare che ne ho già copia, terrei quella del regalo e, l’altra, a mia volta la regalerei. Non presto libri. Semmai li regalo. Perché? Perché non tornano mai a casa. I libri sono nomadi, non stanziali. Per questo si spostano anche nelle nostre librerie. Non sono fatti per stare fermi sugli scaffali. Tempo fa, in una storia di Martin Mystère (anche lui accanito accumulatore seriale di volumi), si parlava dei “nanetti da libreria”, e cioè le entità che spostano i nostri volumi da scaffale a scaffale, da tavolo a tavolo, da angolo ad angolo, da anfratto ad anfratto. Questo accade, appunto, perché i libri sono nomadi. Noi li imprigioniamo nelle librerie e, loro, per ripicca, si muovono o si fanno muovere. Non trovarli al loro posto, dunque, è normale. Se così non fosse… beh, non avete una grande e vissuta libreria. Mi spiace, sono intransigente in questo. Ho negli occhi l’immagine – che tanti abbiamo visto – di Umberto Eco che cammina nel suo appartamento – libreria di Milano. Quella è l’idea, quello è l’ideale a cui tendere. Chiedo troppo? Lo fece anche Colombo! E trovò le Americhe…

“Ma ne hai molti… a che ti serve un libro in più?”… Molti? Avete visto il film Interstellar, uno dei capolavori di Christopher Nolan? Bene, quindi sapete cosa c’è davvero dietro una libreria: le 27 dimensioni del multiverso. Nolan – geniale – immagina che, una volta entrati in un buco nero, nel cuore dello spazio – tempo della fisica quantistica, ci si trovi… dietro una libreria! Che metafora meravigliosa. In ogni casa, se abbiamo una libreria, abbiamo a disposizione un multiverso e, da quello spazio magico e infinto, le vite, le storie, le avventure ci parlano. In sintesi, regalate(mi) libri, senza mai la paura di sbagliare.

Cosa vi posso dire, in conclusione, per onorare la Giornata mondiale del libro del 23 aprile? Di chiudere questo strumento e andare in una libreria. Indipendente o dell’usato (luoghi magici davvero). Si, è vero… Sul web ci sono infinite librerie con (quasi) tutti i titoli che cerchiamo. Ma volete mettere l’odore della carta? La ricerca sugli scaffali? E, soprattutto, la possibilità di uscire sempre o con il libro che cercavate al quale se ne sono aggiunti altri; oppure – fatto ancora più affascinante – senza quel libro, ma con tutti gli altri ai quali non avevate pensato.